Se la grande industria della pasta vuole puntare sul grano duro italiano, con i famosi contratti di filiera a garanzia anche della nostra sovranità alimentare, che cosa c’entra con il made in Italy il grano russo nel porto di Manfredonia, vicino Foggia, capitale del grano duro italiano? Spetterebbe un risarcimento danni agli agricoltori italiani ed un controllo analitico su tutte le stive per garantire l’assenza di contaminanti. Lo suggerisce il principio di precauzione.
Non basta il grano turco senza dazi e a prezzi di dumping. In rada al porto di Manfredonia è arrivata ieri la nave russa Mercury J partita da Novorossiysk il 1 settembre e arrivata qui il 7 settembre. Si tratta di una Bulk Carrier (IMO 9299472), battente bandiera Palau con un carico di 28 mila tonnellate importato dalla società AMBER SRL (NA).
Significa aggiungere altri 280 mila quintali da sommare agli oltre due milioni di quintali di grano duro turco arrivati dal 26 luglio al 1 settembre in prevalenza in Puglia, con alcuni scarichi a Salerno, Ravenna, Ancona e Augusta.
In totale 16 navi, arrivate alla chetichella!
Ora, grazie alle nostre campagne d’informazione sui problemi che certi grani esteri possono provocare alla salute umana, la grande industria della pasta italiana aveva deciso di puntare sul grano duro di qualità del Sud Italia. Sono infatti aumentate le marche di pasta 100% grano italiano, benché l’ascesa dei discount stia minando la nostra identità alimentare saldamente imperniata sulla dieta mediterranea.
E se le norme del libero mercato hanno una logica, all’aumentare della domanda di un prodotto, dovrebbe aumentare anche il suo prezzo.
Un mercato senza regole
In Italia, invece, nelle ultime settimane si è verificata una cosa strana: a fronte di un deficit mondiale di grano, ivi compreso quello dell’Italia, e di prezzi internazionali elevati, la domanda di grano duro italiano è aumentata, ma i prezzi nazionali sono stati abbassati a tal punto che dalla Borsa merci di Foggia, un commissario di parte agricola per protesta si è dimesso. Senza abbassare né il prezzo della pasta, né quello del pane.
Il mercato del grano è ormai una giungla senza regole e senza controlli.
In assenza della Commissione unica nazionale-CUN, che garantirebbe la trasparenza, siamo ormai a livelli così esagerati di importazioni che il prezzo, a cui buyer e grandi industrie compiacenti acquistano il grano, è diventato tanto basso da renderne sconveniente la coltivazione. Il rischio è che migliaia di ettari coltivati anche con grani di elevata qualità vengano addirittura abbandonati, a favore di derrate provenienti da aree che spesso presentano contaminanti.
Non bisogna dimenticare che a distanza di quasi 40 anni, i raccolti vicini alla centrale di Chernobyl, dove ci fu l’incidente nel 1986, sono ancora contaminati. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Environment International dagli esperti dei Greenpeace Research Laboratories presso l’Università di Exeter. Una notizia riportata dall’ Agenzia AGI e dal Manifesto.
Il problema, dunque, non è tanto se gli agricoltori possano lavorare o meno sottocosto, bensì i rischi per i consumatori. Chi si occupa di tutelare la salute del consumatori?
Siamo sicuri che su ognuna delle stive delle 16 navi, di provenienza incerta, arrivate nei nostri porti, siano stati effettuati controlli analitici sui certi residui? C’è una norma che garantisce questi controlli su tutte le stive? Non risulta.
Tutti questi rischi, dunque, producono profitti per pochi, ma portano alla desertificazione di interi territori, ad una maggior dipendenza da grani importati, con gravi conseguenze sociali e riflessi negativi per la salute dei nostri consumatori. Con buona pace della dieta mediterranea!
Russia senza embargo sul frumento
Cosa intende fare il governo di fronte all’arrivo di tutte queste navi, l’ultima a Manfredonia, considerato che non sono sottoposte ad embargo sul frumento?
Infatti, nessuna delle misure adottate dall’UE tocca il commercio di prodotti agricoli e alimentari, compresi il frumento e i fertilizzanti, tra i paesi terzi e la Russia. Le restrizioni riguardano: energia, finanza, tecnologia, industria, trasporti, beni di lusso e beni duplice uso.
Nel caso della Turchia dobbiamo sperare che l’UE, anche su impulso del Governo italiano, faccia chiarezza quanto prima sui dazi di circa 2 milioni di quintali e sulle possibili triangolazioni dalla Russia verso la Turchia. Questi dazi potrebbero essere stati elusi per oltre 12 milioni di dollari. Dovrebbero essere restituiti all’UE. A tal proposito, ci risulta che in Senato sia stata presentata un’ interrogazione a risposta orale con carattere d’urgenza. Come pure al Parlamento europeo.
Ma l’UE oltre a chiedere alla Turchia di rimborsare gli eventuali dazi non versati, nel quadro di adesione all’ Unione Doganale e in base ai Protocolli, dovrebbe chiedere alla Turchia anche il risarcimento dei danni causati agli agricoltori di paesi membri come l’Italia per concorrenza sleale.
In questo articolo abbiamo spiegato bene la questione turca.
Servono misure anti-dumping dalla UE. Il governo si attivi subito
Pur tuttavia, occorrerebbe impedire l’attracco di navi provenienti dalla Russia, anche di quelle triangolate dalla Turchia, che oltre ad alimentare l’intento “speculatorio” dei buyer di grano, ha il chiaro obiettivo di destabilizzare la collocazione internazionale dell’ Italia.
Ha senso allora finanziare la Russia con acquisti di grano? Cui prodest? Putin non aveva detto che avrebbe regalato il grano ai Paesi poveri?
Agricoltori europei, due pesi due misure
In Europa stiamo assistendo ad un atteggiamento duale.
Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria non solo hanno chiesto di prorogare fino alla fine del 2023 il blocco dell’ import dall’ Ucraina per non danneggiare i propri agricoltori.
Bruxelles ha promesso loro anche di trovare una soluzione entro settembre per il bando di grano ucraino nel nostro continente e di risarcire gli agricoltori dei paesi dell’Est per i danni subiti dalla concorrenza sleale di grano ucraino.
Riepilogando: se arrivano cereali da uno dei due paesi in guerra (l’Ucraina), l’Europa interviene al fine di arginare forme di concorrenza sleali e risarcire gli agricoltori europei. Se, però, il grano arriva a Manfredonia dalla Russia, che ha innescato la guerra, nessuno dice niente. Neanche per invocare il principio di precauzione! Due pesi, due misure.
Ma i nostri agricoltori chi li difende? Chi difende i custodi della terra, al netto degli slogan o delle manifestazioni di folclore? Qualcuno ha forse sentito chiedere risarcimenti dalle organizzazioni sindacali? E’ giusto ricordare che gli agricoltori italiani non sono e non devono essere considerati europei di serie B.
Non saranno certo le briciole dei contratti di filiera a garantire la loro dignità economica.
Questione etica e morale
La pasta Made in Italy, eccellenza del nostro settore agroalimentare nel mondo, non può essere realizzata con grano duro russo. Le nostre tavole da pranzo e quelle di milioni di consumatori sparsi in tutto il mondo non possono essere imbandite con un prodotto ottenuto con materie prime, condite magari con sostanze dannose per la salute, intrise del sangue di migliaia di innocenti a causa di una guerra folle.
Il Made in Italy, quindi, non ha bisogno di grano russo a Manfredonia.
Ma richiamare al senso etico e morale gli operatori del settore è un esercizio inutile.
Gli agricoltori, a tutela dei consumatori, farebbero bene ad unirsi, rimboccarsi le maniche e a separare il grano dal loglio.
Ne parleremo lunedì pomeriggio a Bovino-Fg. Non mancare, passa parola.