La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Chieti ha aperto un fascicolo per l’ipotesi di frode in commercio da parte dei vertici di De Cecco che avevano registrato come grano pugliese una grossa partita di grano francese per far fronte all’aumento di domanda di pasta con grano italiano. Si continua quindi ad utilizzare grano straniero spacciandolo per italiano…Granosalus lo sostiene da diversi anni! L’ indagine è partita da una denuncia contro ignoti, ovvero da chi aveva le informazioni e conosceva i fatti, ma quanti altri operatori potrebbero comportarsi allo stesso modo? E’ un caso isolato o la punta di un iceberg?
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Chieti ha aperto un fascicolo per l’ipotesi di frode in commercio da parte dei vertici di De Cecco che il 13 febbraio scorso avevano registrato come grano pugliese 45750 quintali di grano francese.
Tre gli avvisi di garanzia: al presidente Filippo Antonio De Cecco, al direttore acquisti Mario Aruffo e all’ex responsabile del controllo qualità Vincenzo Villani che a maggio è stato licenziato.
A luglio erano stati perquisiti gli uffici di Fara San Martino (Chieti), con il sequestro di materiale informatico e di posta elettronica.
L’ indagine è partita da una denuncia contro ignoti sporta il 28 maggio scorso ai Nas di Latina, riguardante l’importazione di una partita di grano dalla società francese Cavac il 2 ottobre 2019 con fattura del 31 gennaio.
Nel dettagliato esposto spiccano vari documenti tra cui un’email datata 30 gennaio dell’ ufficio acquisti De Cecco che parlava di “grano francese”.
Il 10 febbraio con un’altra email il direttore acquisti Aruffo scriveva al capo mugnaio:
Sicché nello stesso giorno gli uffici aziendali modificavano l’ordine di acquisto del 30 gennaio in “grano pugliese”. Una esigenza derivante dal picco di domanda di pasta da parte dei mercati esteri che ha segnato più 30% a marzo.
Lo scorso anno, proprio De Cecco (con Auchan, Divella, Cocco e Lidl Italia, la quale era stata addirittura sanzionata) era finita nel mirino dell’Antitrust con l’accusa di vendere le proprie linee di pasta di semola di grano duro rappresentando “in maniera ingannevole le caratteristiche del prodotto”, enfatizzando l’italianità e in assenza di adeguate e contestuali indicazioni sull’origine anche estera del grano duro impiegato.
La procedura si era chiusa il 20 dicembre scorso con l’accordo a cambiare le scritte sulla provenienza del grano, indicandone l’origine italiana, californiana e dell’Arizona.
Tutto ciò nonostante sempre più produttori di pasta si stiano organizzando per utilizzare grano al 100% italiano, mentre De Cecco va controcorrente.
In televisione l’ultimo spot del gruppo spiega che “la De Cecco ha in Italia una filiera di grano duro di alta qualità. Su oltre 20.000 ettari, 10 regioni producono 80.000 tonnellate di grano. Il grano duro italiano miscelato con grani californiani e dell’Arizona di alta qualità viene trasformato in semola a grana grossa. Selezioniamo il grano italiano per il sapore, i grani californiani e dell’Arizona per la quantità e la qualità delle proteine che rendono la pasta al dente, tenace ed elastica”.
E’ molto probabile che la presunta frode sia stata sollecitata da un aumento della domanda di pasta made in Italy, sia in Italia che all’estero. Domanda che richiede esplicitamente grano italiano, dal sapore ineguagliabile ma ahimè con volumi insufficienti a soddisfarne la richiesta.
Ciò nonostante il prezzo del grano italiano non aumenta e resta invenduto a prezzi bassi. Perchè? Semplice! Il grano estero passa per grano italiano ed il gioco è presto fatto. I consumatori vengono ingannati e i produttori nazionali umiliati! Le importazioni vengono, dunque, utilizzate anche come leva strategica per condizionare al ribasso il prezzo del grano italiano.
Granosalus lo sostiene da diversi anni, ma le industrie molitorie e pastaie dicono che noi vogliamo diffamarle. De Cecco oltre ad avere il pastificio ha anche un molino per cui aderisce ad Italmopa che ritiene di aver subito delle diffamazioni.
Tale aumento di domanda, tuttavia, non si è riflettuto sui listini del grano duro nazionale perchè la Commissione unica nazionale (CUN) del grano duro non è ancora partita. E non è stato possibile apprezzare queste dinamiche di mercato con dati statistici attendibili di cui possono disporre solo i commissari delle CUN e non i membri delle borse merci.
Ma il presidente del terzo gruppo mondiale della pasta, dopo Barilla e la spagnola Ebro Foods, oltre che gestire la produzione record durante l’emergenza Covid19, sta giocando nuove carte. De Cecco, infatti, in primavera ha aperto l’ingresso a consiglieri indipendenti e ha ingaggiato nuovi manager.
La famiglia De Cecco ha nominato amministratore indipendente Gianni Letta, con origini abruzzesi. Al suo fianco Bruno Pavesi, che ha guidato per undici anni l’Università Bocconi, e Mario Boselli, al vertice dell’Istituto Italo Cinese, presidente onorario della Camera della moda e di Banca 5 (gruppo Intesa Sanpaolo).
Alla stregua di quanto innanzi esposto emerge che tale condotta sia stata posta in essere per soddisfare il crescente aumento della domanda.
Pertanto, il dubbio nasce spontaneo: e se altre industrie di pasta (ovviamente non tutte) avessero posto in essere una pratica commerciale analoga?
Solo il tempo ci renderà le dovute risposte.
Chi garantisce noi consumatori sulla qualità della pasta? Non basta dire chi froda, ma anche indicare chi fa bene il suo lavoro.
Alla fine DC & C. si faranno una grassa risata per truffato, per l’ennesima volta, la normativa ed i propri clienti. Una procedura di infrazione avrà certamente come esito qualche avviso di garanzia che andrà, come al solito, in fumo e la sanzione pecuniaria che verrà propinata sarà talmente irrilevante in termini economici che la loro risata sarà ancora più grassa.
Finirà a tarallucci e vino?…..