Casillo può rifiutarsi di acquistare grano dagli agricoltori o dai commercianti?

Ci è giunta voce che il noto imprenditore Casillo si sottrae alla contrattazione del grano con gli operatori di mercato nazionale a partire da settembre 2019. Ci si chiede se tale condotta, sia veritiera e possa ritenersi legittimo l’uso strategico della leva import-export, a fronte di una speciale responsabilità.

Per rispondere al quesito è doveroso affrontare con brevi cenni le figure di mercato.

Monopolio

Chi esercita un’impresa in condizione di monopolio legale ha l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell’impresa, osservando la parità di trattamento.

Si usa invece l’espressione monopolio di fatto per indicare quelle fattispecie nelle quali la preminenza in cui si situa una determinata impresa non abbia un’origine normativa, ma sia in qualche modo il «frutto» naturale del mercato.

Oligopsonio

Il mercato di approvvigionamento del grano si può definire molto concentrato in quanto i primi quattro operatori (Casillo, Barilla, De Cecco e Divella) detengono oltre l’ 80% della quota di approvvigionamento del grano duro. Casillo da solo controlla oltre il 41% ( 26% di grano nella trasformazione e il 15% di grano nella commercializzazione). L’ Italia ha un fabbisogno annuo di poco più di 5,68 milioni di tonnellate (dati Italmopa 2018), circa 2 milioni sono importate dall’ estero in calo rispetto al 2017.

Il restante 20% della domanda di acquisto del grano è suddiviso tra altri piccoli importatori, cinquecento commercianti/stoccatori, cooperative e altri centotrenta molini.

Casillo è, dunque, leader mondiale nel mercato della trasformazione (delle semole di grano duro e tenero), nonché nel mercato della commercializzazione di grano. Dai dati di bilancio 2018 emerge che: “Il Gruppo, con una capacità di macinazione e movimentazione di circa 8 milioni di tonnellate annue di grano, rappresenta uno dei maggiori market maker del mondo nel settore del grano (e nel settore del duro in particolare).”

L’incremento di fatturato di tale comparto registrato nel 2018 rispetto al 2017, complessivamente pari a € 19,2 milioni (+5%), è la conseguenza di una serie di fenomeni:

• una riduzione del fatturato di grano commercializzato, prevalentemente dovuto ad una contrazione dei volumi;

• un incremento del fatturato con riferimento agli sfarinati di grano duro (+4,4%) comparto che ha consuntivato un aumento di circa il 2,7% delle quantità vendute rispetto al 2017, affiancato da un lieve aumento dei prezzi medi di vendita pari all’1,6%. Sotto il profilo produttivo, nell’esercizio in esame si registra un incremento delle quantità macinate di grano duro, risultato di una maggiore e generalizzata percentuale di utilizzo degli impianti, sulla cui dinamica ha inciso, da un lato la maggiore saturazione registrata nell’impianto molitorio di Salerno e, la contrazione delle quantità macinate negli impianti siti in Lucca e Altamura, dall’altro lato; restano, invece, costanti le percentuali di utilizzo degli altri impianti di Corato;

Dal lato della domanda d’acquisto del grano duro nazionale, mercato in cui valutare le condotte anticoncorrenziali, Casillo detiene una quota rilevante (26%), pari ad oltre 15 milioni di quintali di grano duro (acquistati sia in Italia che all’estero per i suoi diversi impianti molitori). A tale quota vanno aggiunti circa altri 8,7 milioni di quintali di grano duro (acquistati all’estero e commercializzati presso altri molini; coincidono con il 13% del fatturato Trading attestatosi ad euro 1.549 milioni e il 13% di 6,7 milioni di tonnellate movimentate al 31.12.2018), che rappresentano un ulteriore quota di mercato sul duro del 15% e che comportano per il gruppo una “speciale responsabilità”.

Casillo, quindi, si trova in una posizione dominante nel mercato di acquisto del grano (metà viene trasformato, metà viene commercializzato), ragion per cui affinché possa evitare abusi è posto di fronte ad una “speciale responsabilità” che, da un lato, gli impedisce di adottare comportamenti generalmente consentiti in un regime di libero mercato; dall’altro, gli impone scelte dirette a favorire lo sviluppo di una concorrenza che tende a restringersi enormemente, specie dopo gli acquisti di svariati silos in Puglia e in molte altre parti d’Italia.

Tale posizione dominante è agevolata dai diritti acquisiti sui terminal portuali, che rappresentano una sorta di barriera all’export per i produttori italiani di materia prima compresi tutti gli altri operatori commerciali e, dunque, una barriera alla libera circolazione delle merci, di cui nessuna forza politica si è mai accorta. E neanche gli organi di controllo. Oltre a questa barriera ce n’è anche una di tipo economico derivante dall’economia di scala del gruppo che scoraggia l’ingresso di nuovi competitors nel mercato rilevante. Ed una di tipo finanziario derivante dalla forza economica del gruppo in questione.

Il gruppo Casillo non solo ritira direttamente dai piccoli commercianti, ma da alcuni anni ha esteso il controllo sugli approvvigionamenti anche attraverso la sottoscrizione di 12 contratti di filiera Prime Terre (di cui 5 sul grano duro e 7 sul grano tenero) stipulati insieme a Coldiretti, Consorzi Agrari, Asp Zaccagnino ed altri soggetti, in Puglia, Sicilia, Sardegna, Marche, Lazio e Campania, fissando prezzi minimi e massimi, nonché imponendo certe condizioni commerciali ai partner vietati dalla normativa europea sulla concorrenza ed ancorati alle mercuriali della Commissione prezzi (nulli) Cciaa di Foggia.

Casillo, data la sua posizione dominante, potrebbe aver contribuito ad imporre il prezzo sottocosto previsto dai contratti di filiera sin dal 2008, utilizzando la leva strategica import-export per condizionare i volumi e i prezzi del grano italiano utilizzando proprio l’import di grano canadese di differente qualità. L’ opera della Commissione Prezzi (nulli) di Foggia, come emerge dagli atti della Sentenza del TAR Puglia, ha fatto il resto…

Tale Commissione, infatti, avrebbe agevolato queste operazioni, influenzando la formazione dei listini a cui sono ancorate le medie tra prezzi minimi e massimi previsti nei contratti di filiera dei principali acquirenti di grano. Agli stessi listini sono ancorati tutti gli altri contratti al di fuori delle filiere che rappresentano la maggior parte del mercato.

Che cos’è la posizione dominante?

In buona sostanza, la posizione dominante è una situazione in cui si trova l’impresa che può esercitare per un certo lasso di tempo un significativo potere di mercato.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha in più occasioni chiarito il significato di tale espressione sostenendo che essa consiste in “una situazione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato di cui trattasi ed ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi fornitori, dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e, in ultima analisi, dei consumatori”. 

La società Casillo si troverebbe, quindi, in una situazione che la pone in grado di decidere, o quantomeno di influire notevolmente sul modo in cui si svolge la concorrenza e, comunque, di comportarsi sovente senza doverne tenere conto e senza che, per questo, simile condotta le arrechi pregiudizio.

Sta di fatto che, come enunciato in alto, da qualche mese alcuni agricoltori ci segnalano che se i commercianti chiedono di vendere grano al Gruppo Casillo, quest’ultimo risponde: “stiamo fermi con gli acquisti da fine settembre 2019”. 

È singolare che certi fatti coincidano proprio con i pronunciamenti del TAR Puglia che hanno annullato i listini del biennio 2016-2017 della Commissione prezzi di Foggia, al cui interno ci sarebbero uomini delle multinazionali del commercio di grano.

In ogni caso, nonostante il diniego a contrarre, è singolare che nello stesso periodo l’arrivo di navi dall’estero nei porti pugliesi, per oltre 2 milioni di quintali, sia stato incessante favorendo in tal modo una condizione di mercato sottocosto agevolata dall’ opera della Commissione prezzi, diventata nel tempo una sorta di maschera legale del “cartello prezzi” di Foggia. 

E’ normale che un’impresa di quel calibro, acquisti dall’estero e non dal territorio locale, facendo uso strategico della leva import-export ?

È normale che questo atteggiamento discriminatorio (preferenza del grano estero di peggior qualità rispetto a quello italiano di miglior qualità) arrivi proprio a ridosso dell’annullamento di listini che hanno pregiudicato da un punto di vista economico e concorrenziale tutta la cerealicoltura del mezzogiorno, da almeno quattro anni, compresa quella legata da contratti di filiera ?

È normale che i contratti di filiera siano stati utilizzati proprio per imbrigliare il mercato mettendo in difficoltà tutti coloro che ne sono rimasti esclusi?

È normale che una simile impresa metta oggi in difficoltà i piccoli commercianti e le cooperative che vogliano vendergli il grano?

E’ utile fare la guerra ai tanti commercianti, al fine di concentrare ulteriormente il mercato?

Nella galassia delle filiere iperproteiche che orbitano intorno alle multinazionali del commercio di grano ed incontrano difficoltà commerciali, è eclatante il caso del Consorzio Zenith: i soci dopo aver contestato aspramente le filiere, dopo oltre un anno dal conferimento di circa 20-25 mila quintali di grano, stoccato a Foggia e Acerenza, sembrerebbe che non abbiano ricevuto nemmeno un acconto! “Ci vediamo a fine maggio del 2020” avrebbero risposto i dirigenti agli agricoltori desiderosi di vendere il proprio grano per far fronte a tutte le anticipazioni finanziarie. In extremis, nei confronti di alcuni soci più in difficoltà si è dovuto ricorrere al soccorso di “commercianti” membri della famosa commissione prezzi (nulli!). L’unico vantaggio certo sarebbe andato a beneficio del socio-sementiere che avrebbe incrementato la vendita di grano da seme iperproteico nel biennio 2018-2019 passando da 500-600 ettari del 2018 a 1500-1600 ettari nel 2019. Per la pasta, purtroppo, nonostante siano trascorsi due anni, bisogna attendere ancora il miracolo commerciale di qualche mastro pastaio..! Dalla Russia all’America il viaggio della fantasia è ancora lungo…

E allora, nel 2020 auspichiamo che Casillo voglia acquistare grano duro nazionale, a prescindere dalle sue filiere, dirette ed indirette, dando preminenza agli operatori italiani, con prezzi dignitosi per le parti contraenti deboli, nel rispetto della libera concorrenza.

Un commento

  1. Questi sono i risultati per aver finanziato la costruzione di mulini e pastifici con fondi pubblici. I produttori di grano duro italiani sono trattati come operai a servizio di questi industrialotti . La cosa strana è che vogliono il marchio” prodotto in Italia”, mentre il grano lo comprano all’estero,nulla di strano se la pasta porta la dizione del grano di provenienza. Poi i contratti di filiera, sono dei romanzi di appendice, vorrei conoscere chi li ha approvati al ministero, peggio dei contratti di mezzadria di un tempo. Possibile che i produttori di grano devono subire il prezzo fissato dai trasformatori,cosa che non avviene per i prodotti finiti,pane,pasta ecc. Forse è giunto il momento di creare dei prezziari regionali che fissano i costi del grano come avviene per tutti i prodotti finiti. Un mc. di cemento, mattoni ecc i costi vengono fissati dal prezziario regionale che si aggiorna di anno in anno.

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