Si al cibo sano

Caro Ministro Martina, con il grano duro estero l’Italia è la pattumiera del mondo!

Così il presidente di GranoSalus, Saverio De Bonis, replica a un articolo del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina. Il Ministro vorrebbe contrastare i protezionismi. Ma non si preoccupa di effettuare i controlli sulle miscelazioni dei grani che vanno in scena nel nostro Paese, in barba ai Regolamenti comunitari. La sceneggiata sulla CUN. E tanto altro ancora

Caro Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, abbiamo letto con interesse la sua lettera pubblicata sulla sua pagina fb e ci dispiace che molti nostri commenti siano stati bannati. Da un democratico quale lei si professa ciò è molto grave.

(Si tratta di un articolo, pubblicato su Il Foglio, che il Ministro ha postato sulla propria pagina facebook che potete leggere qui)

Noi riteniamo che non sia opportuno unirsi contro qualcosa – come popone Lei – ma che sia invece necessario unirsi in favore di qualcosa di positivo. Dobbiamo registrare che la sua idea di contrastare i protezionismi arriva fuori tempo massimo, quando gli accordi già perpetrati sulla pelle dei consumatori e dei produttori italiani hanno prodotto tutti i loro effetti nefasti.

Non da ultimo, il voto favorevole sugli OGM in sede europea! La sua collega Beatrice Lorenzin si è per caso sbagliata? Ha preso un’iniziativa personale? Aveva un mandato da qualcuno per cambiare la posizione dell’Italia, schierando il nostro Paese in favore dell’approvazione delle colture transgeniche?

Queste risposte andrebbero date ai consumatori italiani che, sempre più numerosi, non vogliono accordi scellerati, non vogliono OGM, non vogliono glifosato, non vogliono micotossine, non vogliono metalli pesanti e radioattivi, non vogliono pesticidi e stanno firmando varie petizioni, alcune delle quali le abbiamo consegnato personalmente a Lei quando è venuto a Foggia.

La petizione sul DON (che potete leggere qui), una micotossina che sta falcidiando la salute pubblica e le aziende agricole del SUD, e che si trova nei grani d’importazione, dimostra che il suo campo progressista ha già fatto i patti col diavolo.

I dati della FAO sui limiti delle micotossine lo dimostrano chiaramente.

Su 37 Paesi nel mondo la stragrande maggioranza ha limiti di DON sul grano inferiori ai nostri. L’ 89% dei Paesi censiti dalla FAO ha limiti sino a 1000 ppb e il 65% dei Paesi ha limiti inferiori sino a max 750 ppb.

L’Italia e l’Europa sino al 2006 avevano un limite DON per il grano di 750 ppb, dopo il 2006 gli eurodeputati progressisti come Lei, sotto la pressione delle lobby delle industrie pasta, hanno alzato il limite a 1750 ppb, portando l’Italia e l’Unione Europea a diventare la pattumiera del mondo (ricordiamo che la pasta italiana è esportata in tanti Paesi europei e anche in altri Paesi del mondo).

Tutte le importazioni cui assistiamo mediante le navi del veleno, che scaricano persino in porti inagibili (Manfredonia), sono derrate che altrove non possono mangiare nemmeno gli animali. Una volta arrivate in Europa, i grani di queste navi vengono miscelati con il nostro “grano salus”, privo di contaminanti, per ridurre i limiti entro i valori previsti dai Regolamenti comunitari.

Ma gli stessi Regolamenti comunitari vietano di miscelare grani contaminati oltre i limiti ammessi con grani privi di contaminazione al fine di ottenere partite mediamente contaminate… Solo che nessuno effettua i controlli, nemmeno il suo Ministero.

E nessuno del Governo del quale Lei fa parte ha il coraggio di vietare l’ingresso nel nostro Paese di navi cariche di grano duro pieno di glifosato e micotossine DON, nonostante il divieto introdotto in Europa e in Italia (che potete leggere in questa petizione qui)

Prendiamo il recente accordo CETA-UE che, tra l’altro, deve ancora essere ratificato dal Parlamento Europeo. Lei – dando per scontato che la ratifica ci sarà: cosa che noi non ci auguriamo: noi ci auguriamo, invece, che il Parlamento Europeo ‘bocci’ questo accordo commerciale capestro – sostiene che tutelerà, per la prima volta, i quarantuno prodotti italiani protetti (DOP, IGT, IGP, DOC e le STG).

La nostra domanda è: questa presunta tutela verrà barattata con la possibilità, per il Canada, di avvelenarci con il grano duro prodotto nelle aree fredde e umide di quel Paese? Lo sa lei, signor Ministro, che il grano duro prodotto nella aree fredde e umide del Canada contiene contaminanti a iosa? Per ammissione degli stessi canadesi venuti a Foggia, il loro grano duro di terza classe è affetto, per 73%, da problemi di Fusarium.

Quindi, Ministro, ci faccia capire: per tutelare 41 prodotti avveleniamo buona parte della pasta industriale italiana, accettando valori di DON che, quest’anno, per ammissione degli stessi canadesi, sono superiori a 4 mila e 700 ppb? Per non parlare del fatto che la pasta industriale italiana, come già ricordato, viene esportata nei Paesi dell’Unione Europea e in altri Paesi del mondo!

Il solo modo per tutelare la nostra qualità è davvero quello di aprire a tutte le produzioni che arrivano nel nostro Paese? Questi fatti dimostrano l’esatto contrario.

Per un sistema agricolo come quello italiano, composto da un tessuto di migliaia di piccole imprese capaci di creare valore aggiunto e guardare al mondo, poter consumare cibi sani e incontaminati è la vera sfida verso la qualità globale. Questo mentre le grandi aree integrate commercialmente rischiano di diventare veicoli formidabili di veleno per i consumatori e di crescenti speculazioni che aumentano le diseguaglianze.

Lei è stato colpito dalle analisi d’impatto della Commissione Europea, secondo la quale tutte le proiezioni al 2025 prevedono un calo dei consumi interni dell’area UE nell’ordine del 10/15% su tutte le categorie di prodotto sui singoli settori agricoli dei 12 accordi di libero scambio che sono in fase di trattativa. Noi, invece, restiamo basiti che la Commissione Europea abbia innalzato i limiti di sostanze nocive per la pasta e per la nostra alimentazione!

La Commissione sostiene che i livelli massimi stabiliti nel regolamento (CE) n.1881/2006 garantiscono un livello elevato di protezione della salute umana anche per i cittadini che consumano determinati alimenti in quantità sensibilmente superiori alla media dell’UE. Occorre invece stabilire se un consumo pari al 600% in più può essere considerato solo sensibilmente superiore oppure meritevole di un approfondimento maggiore da parte del legislatore.

Noi vogliamo un Ministero che contrasti le diseguaglianze, le frodi e i cartelli, senza invocare il ripiegamento verso antiche logiche protezionistiche prendendo consiglio dai cinesi, ma adottando gli strumenti repressivi di cui il Governo già dispone.

Si ricorda cosa affermò agli industriali della pasta e delle semole il 20 luglio scorso a Roma, in occasione del tavolo anticrisi? Glielo ricordiamo noi:

Dai dati Ismea, emerge che la dinamica dei prezzi internazionali non ha alcuna influenza sull’andamento dei prezzi italiani”.

Ecco noi apprezzammo molto il suo coraggio, al quale però non ha dato seguito con qualche istruttoria Antitrust d’ufficio. Come mai?

Lei lo sa caro ministro che noi agricoltori, per poter sapere come si stabiliscono i prezzi del grano duro a Foggia, ci siamo dovuti rivolgere ai giudici del TAR, perché le stanze buie delle Borse merci agricole non sono affatto trasparenti? Del resto, lo abbiamo già dimostrato all’Antitrust nel caso nel mercato dei conigli. Ed è stato l’unica volta che l’Antitrust si è occupata di segnalare al Governo un parere, non vincolante, teso ad adottare la CUN (Commissione unica nazionale).

Già che ci siamo, egregio Ministro, potrebbe spiegarci come mai, dopo che gli agricoltori italiani hanno ottenuto una legge sulla CUN e sulla trasparenza nei meccanismi di formazione dei prezzi all’origine, a distanza di quasi due anni, Lei non ha ancora pubblicato il decreto attuativo?

La legge le assegnava novanta giorni di tempo entro cui emanare il decreto, ovvero entro il 5 ottobre 2015. Oggi, febbraio 2017, Lei non ha ancora pubblicato nulla. Come mai?

La storia sta dimostrando che i ritardi imposti dalle lobby sono forme protezionistiche che non portano ad avanzamenti sociali, e sono sempre i deboli a pagare il prezzo più alto di questi cartelli impuniti.

Quindi faremmo bene a discutere giustamente “come” far rispettare le leggi sulla concorrenza e non se fare nuovi accordi commerciali.

L’acqua sporca, signor Ministro, è dentro i suoi uffici e rischia di allargare il solco tra i deboli e i forti della globalizzazione. Rischia di aumentare il divario tra chi, come le grandi multinazionali domestiche, si adopera attraverso intese e accordi per fissare i prezzi all’origine, imporli agli agricoltori e speculare sulla pelle dei consumatori.

La verità è che sino ad oggi la politica agricola italiana è stata subappaltata a qualche grande azienda alimentare. E’ in questa direzione che si rende necessario un cambio di paradigma. Noi vogliamo riconquistare una nostra sovranità perduta. Un certo modello di globalizzazione ha fallito proprio perché ha fatto della deregulation il totem fondamentale ben prima che arrivasse Donald Trump. L’idea che il mercato potesse autoregolarsi e risolvere così ogni tipo di problema si è dimostrata non veritiera. Lei ha inoltre scritto che il premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, ha recentemente dichiarato che la distribuzione dei vantaggi del mercato globale dipende dalle regole e le regole sono il frutto delle scelte politiche.

Ma se l’introduzione delle regole di mercato CUN non è accompagnata da dati e informazioni tempestive, le parti più deboli si trovano di fronte ad una asimmetria informativa. Da quanti anni nei verbali ministeriali stiamo dicendo queste cose?

Come mai i suoi uffici sospendono i commissari CUN di fronte alla ricerca della verità e proteggono le menzogne degli industriali, per favorire i loro processi di concentrazione e di profitto?

Noi pensiamo che il vuoto politico in campo progressista non lo abbia lasciato solo Obama negli Stati Uniti, ma anche Lei in Italia.

E’ tempo di prenderne atto. Poi si vedrà se all’orizzonte verranno leadership in grado di organizzare il rilancio della sovranità dei produttori e consumatori.

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