CASTIELLO, ALOISIO, PIRONDINI, BILOTTI, MARTON, DE ROSA – Ai Ministri dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, della salute e delle imprese e del made in Italy. –
Premesso che:
le importazioni di grano duro turco e russo hanno raggiunto un livello record in poche settimane, dal 1° luglio al 22 ottobre 2023;
i dati della Commissione UE attestano che in questo periodo l’Europa ha importato 1.024.000 tonnellate di grano duro, di cui 799.000 destinati in maniera preponderante all’Italia (pari al 78 per cento);
il grano arrivato in Europa proviene in prevalenza dalla Turchia per 489.000 tonnellate (47,7 per cento), dalla Russia per 278.000 tonnellate (27,2 per cento), dal Canada per 123.000 tonnellate (12,1 per cento), dal Kazakhstan per 98.000 tonnellate (9,6 per cento) e dall’Ucraina per 16.000 tonnellate (1,6 per cento);
la Turchia è da sempre un Paese storicamente deficitario e nelle ultime 17 settimane sta fissando, mediante un’agenzia statale, prezzi in violazione delle norme sulla concorrenza previste nell’accordo di unione doganale e disallineati rispetto al mercato internazionale;
tutti gli indizi dimostrano che sia in atto un’attività di concorrenza sleale, in cui anche le scorte di grano russo vengono immesse in UE tramite la Turchia, deprezzando i listini occidentali e destabilizzando il mercato italiano per ragioni geopolitiche;
i danni stimati per i cerealicoltori italiani a seguito del crollo dei prezzi sono pari ad almeno 150 euro a tonnellata, come differenza rispetto alle più alte quotazioni di USA e Canada;
benché il Governo di Ankara abbia modificato le norme sulla produzione di pasta alimentare destinata all’export, consentendo l’utilizzo totale di farina di grano tenero, i dati più recenti smentiscono l’ipotesi ricorrente di una superproduzione di grano duro turco;
mentre alcuni analisti di mercato avevano erroneamente stimato in 1,3-1,4 milioni di tonnellate il potenziale export di grano duro turco verso la UE dovuto ad una superproduzione, i dati ufficiali dell’Agenzia statale turca (TMO) attestano, invece, che nel 2023 la Turchia ha prodotto solo il 15 per cento in più di “durum” (pari a 549.000 tonnellate) rispetto al 2022, una differenza che non giustifica un surplus tale da consentire un export pari a 1,3-1,4 milioni di tonnellate;
appare quindi evidente che la reale provenienza di quel grano è frutto di triangolazioni che scaricano i loro effetti nefasti sulle imprese agricole del Mezzogiorno, dove insiste il più grande bacino europeo di “durum”, che rischia di scomparire a causa di ritorsioni geopolitiche;
sinora né l’Europa, né l’Italia sono intervenute per tutelare il prodotto nazionale nel rispetto dei principi di precauzione e proporzionalità, dei regolamenti UE e delle norme dell’unione doganale;
in Polonia, Bulgaria e Romania il commissario UE all’agricoltura ha invece stanziato già i primi 56 milioni di euro per risarcire gli agricoltori colpiti dalla concorrenza sleale di grano ucraino;
il grano importato in Italia oltre a mettere a rischio la vita delle imprese, minaccia anche la salute dei consumatori, con risvolti negativi per la pasta made in Italy; i consumatori italiani sono al primo posto al mondo per consumo di derivati del grano duro (pasta, pane, focacce, biscotti);
la Turchia e la Russia, infatti, rientrano nell’elenco dei Paesi di cui all’art 1, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2020/1158 della Commissione del 5 agosto 2020, relativo alle condizioni d’importazione di prodotti alimentari originari dei Paesi terzi a seguito dell’incidente di Chernobyl; tale regolamento disciplina i limiti del cesio 137 e fa emergere dubbi ragionevoli circa i rischi e gli effetti del radionuclide, avallati dalla scienza, che inducono l’adozione di misure precauzionali da parte del Governo italiano;
il principio di precauzione, previsto dall’attuale legislazione alimentare (regolamento (CE) n. 178/2002), si fonda sulla necessità che, a richiesta dello Stato di destinazione della merce, l’importatore dimostri la non nocività del bene da importare di fronte a un possibile pericolo per la salute umana;
il ricorso a tale principio interviene in un’ipotesi di rischio potenziale, anche se questo rischio non può essere interamente dimostrato,
si chiede di conoscere:
se i Ministri in indirizzo, per quanto di rispettiva competenza, intendano attivare, di concerto con le autorità europee, indagini antidumping e verificare se la dinamica dei prezzi fissati dal Governo turco sia in contrasto con l’articolo 32 della decisione del Consiglio d’Europa n. 1/95 del 22 dicembre 1995;
quali urgenti iniziative intendano assumere, anche nell’ambito dell’Unione europea, per ristorare gli agricoltori italiani a seguito della concorrenza sleale di grano turco e russo, come già avvenuto in Polonia, Bulgaria e Romania;
se, nel rispetto dell’onere della prova in relazione al principio di precauzione, abbiano intenzione di richiedere agli importatori italiani, attraverso analisi accreditate di cesio 137, o di altri radionuclidi, la non nocività del grano turco e russo sinora importato o in corso d’importazione su tutte le navi.