Cibo cattivo: scongiurato vuoto normativo

Nel paese delle eccellenze enogastronomiche e del Made in Italy, si è rischiato di creare un pericoloso vuoto normativo nella legislazione a tutela dei consumatori e della qualità del cibo. Abbiamo rischiato l’abrogazione della disciplina igienica della produzione e vendita di sostanze alimentari (Legge 283/1962) ad opera del D. Lgs. 27/2021. Poteva sembrare una svista del legislatore: per fortuna il rimedio, per non favorire il cibo cattivo e lasciare campo libero a truffatori e avvelenatori, è arrivato.

Cos’è accaduto? 

È accaduto che il cosiddetto decreto Controlli, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 12 marzo scorso e che entrerà in vigore il 26 marzo, avrebbe abrogato la legge n. 283 del 1962 che disciplina la produzione e la vendita di alimenti e bevande. 

La norma è un testo organico capace di regolare l’intero ciclo del prodotto alimentare. In questo modo si garantisce, soprattutto, la tutela del consumatore e della sua salute verso il cibo cattivo. 

L’articolo 5 della legge del ’62, in particolare prevede una serie di fattispecie penalmente rilevanti, sanzionate poi dall’articolo 6. 

La peculiarità è che la legge integra il Codice penale in quanto si può applicare anche nel caso di un pericolo presunto di natura igienica o salutistica e non, solo dopo aver accertato il reato. 

Ecco cosa dispone l’articolo 5:

È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari:

a)  private anche in parte dei propri elementi  nutritivi o mescolate  a  sostanze  di  qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali;

b) in cattivo stato di conservazione; 

c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali;

d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive,  ovvero  sottoposte  a  lavorazioni  o  trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione;

e)  adulterate, contraffatte o non rispondenti per natura, sostanza  o qualità alla denominazione con cui sono designate o sono richieste;

f) colorate artificialmente quando la colorazione artificiale non sia autorizzata  o, nel caso che sia autorizzata, senza l’osservanza delle norme prescritte e senza l’indicazione a caratteri chiari e ben leggibili, della colorazione stessa.

Questa indicazione, se non espressamente  prescritta  da  norme speciali,  potrà  essere  omessa quando la colorazione è effettuata mediante  caramello,  infuso  di  truciolo  di quercia, enocianina ed altri colori naturali consentiti;

g)  con  aggiunta  di  additivi  chimici  di qualsiasi natura non autorizzati  con  decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano  stati  autorizzati  senza la osservanza delle norme prescritte per il loro impiego.

I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali;

h) che  contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione  delle  piante  e  a  difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo.

Il  Ministro  per la sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto, autorizzato all’impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza  e  l’intervallo minimo che deve intercorrere tra l’ultimo trattamento   e   la   raccolta   e,   per   le  sostanze  alimentari immagazzinate, tra l’ultimo trattamento e l’immissione al consumo.

Dunque, nella smania di snellire il corpus normativo, effettivamente per certi versi troppo poderoso, si stava cancellando una legge che fornisce un prezioso strumento per i controlli in ambito alimentare, igienico e sanitario. 

Soprattutto, garantisce una cornice organica entro la quale intervenire tempestivamente a tutela della salute dei cittadini. 

Per fortuna, venerdì 19-03-2021 è arrivato il dietrofront con un decreto legge.
Quello che stava accadendo poteva rappresentare un disastro per la salute dei cittadini.

È evidente che c’è ancora molta strada da fare per far comprendere a tutti il concetto che mangiare bene (cibo sano) non è soltanto un gesto di gratificazione individuale, ma anche un atto di benessere collettivo, che ci mette al riparo da disturbi e malattie e che ci consente, dunque, di gravare meno sul sistema sanitario.

Un principio così fondamentale deve essere diffuso a livello culturale ma anche attraverso la tutela giuridica, a tutti i livelli, nazionali, comunitari e internazionali.

Fortunatamente il rimedio alla svista del legislatore è arrivato.

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