Da anni il nostro Paese ha rinunciato alla pianificazione strategica dello sviluppo agricolo, trasferendo questa competenza alla UE. Ma a dirigere le cose e a comandare sono i gruppi piu’ forti, piu’ attrezzati, piu’ consapevoli dei nuovi equilibri che si presentano sullo scenario mondiale. Così i vecchi Piani agroalimentari, nazionali e regionali, sono scomparsi letteralmente dall’orizzonte culturale e politico e persino dall’orizzonte sindacale.
In altri tempi questo trasferimento di competenze sembrava quasi necessario, oggi però rivela tutti i suoi limiti in quanto le strategie globali e i meccanismi di governo della problematica produzione-consumo si allontanano sempre piu’ dai territori e dalle aree di produzione, generando ansia tra i consumatori.
L’Italia continua così a trovarsi in una condizione di protesta continua da parte di molte organizzazioni e categorie sociali: i lavoratori, i giovani, gli anziani, le donne, i precari, i movimenti ecc.
La guerra e l’inflazione erodono il loro potere d’acquisto.
Adesso è la volta del mondo agricolo. Le proteste si diffondono a macchia d’olio in tutta Europa. I primi a scendere in piazza furono Belgio e Olanda, seguiti da Francia e Germania, dove l’ultima protesta risale ad alcuni giorni fa. In Germania la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il taglio dell’agevolazione fiscale sul gasolio ad uso agricolo e l’abolizione della esenzione dei mezzi agricoli dal pagamento del bollo. I francesi hanno manifestato in primis contro la troppa burocrazia e la lentezza con cui vengono esborsati i fondi agli agricoltori. Ma è soprattutto la riduzione degli aiuti e l’aumento delle tasse a preoccupare gli agricoltori italiani.
Meno fondi per le campagne e più tasse nel bilancio pubblico
Da tempo si assiste ad una progressiva diminuzione degli stanziamenti economici. Mentre agli inizi degli anni ’80 la PAC rappresentava il 66% del bilancio dell’Unione Europea, nel periodo 2014-2020 tale percentuale ha toccato solo il 37,8% e nel periodo 2021-2027 rappresenta il 31%.
L’inserimento dell’Irpef sui terreni agricoli per Iap e coltivatori diretti è un ulteriore aggravio per un settore che soffre disperatamente un crollo dei prezzi all’ origine, che nel caso del grano è dovuto a ragioni geopolitiche e a problemi di dumping.
E’ vero che l’Europa deve correre perchè è un continente industriale dove le regole della concorrenza devono tener conto delle potenze industriali mondiali, ma sul cibo (che non è un bullone) occorrono delle deroghe dettate dal buon senso. Il problema va dunque affrontato sul piano politico e non nelle aule dei tribunali.
Il binomio strategico cibo-salute
Cibo e salute, rappresentano sempre più un binomio necessario, che non è scontato. Gli italiani, dopo tanti scandali alimentari, scelgono con maggiore oculatezza i prodotti alimentari da consumare e puntano a costruire un rapporto con il cibo maggiormente improntato al benessere individuale, nel rispetto della natura e dell’ambiente.
La questione alimentare è oggi una delle questioni più concrete e strategiche.
La centralità del tema della sicurezza alimentare è stata ribadita anche dall’alto rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione europea, Josep Borrel. E’ un tema di interesse economico mondiale ed un problema del nostro sistema agroalimentare, che presenta troppe contraddizioni tra libero commercio, salute, controlli ed economia delle aree rurali.
La tutela della produzione italiana, e dunque dei produttori agricoli italiani, è di fondamentale importanza per la salute dei nostri consumatori, che non vogliono mangiare cibi sintetici o contaminati. Ed è fondamentale per il bilancio sanitario pubblico.
Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF) ci ricorda che “La dieta è la variabile più potente nell’influenzare, nel bene e nel male, lo stato di salute”. E, secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS), circa 1/3 delle malattie cardiovascolari e dei tumori possono essere evitati grazie a una alimentazione sana ed equilibrata”.
A risentirne, purtroppo, è anche il pesante bilancio sanitario dello Stato dovuto all’esplosione di allergie, intolleranze alimentari ed altre patologie connesse. Il danno sociale delle intolleranze alimentari è in forte aumento ed inciderà sempre più sulle tasse degli italiani se non si inverte la rotta.
Una Pac inadeguata
Le radici comuni del malcontento diffuso tra gli agricoltori del Vecchio Continente sono relative principalmente all’applicazione della riforma della Politica Agricola Comune (Pac). Una Pac inadeguata disincetiva la produzione, genera ansia tra i consumatori e aumenta l’incidenza della spesa pubblica sanitaria.
La Politica Agricola Comune (Pac) appare inadeguata alle sfide che abbiamo di fronte in ambito internazionale e sul versante della sicurezza alimentare. I produttori italiani vivono non solo il dramma di non essere difesi da nessuno, ma soffrono anche un’altra grave situazione che incide sul binomio cibo-salute: lo smantellamento della Politica Agricola Comune (PAC).
Nel corso degli anni gli aiuti comunitari sono stati trasferiti progressivamente dal primo pilastro (pagamenti diretti) al secondo pilastro (Psr). Un vero e proprio disastro!
Ai produttori del Sud non arriva più nessun sostegno utile dall’Europa! La paura degli agricoltori è legata anche all’ingresso dell’ Ucraina in Europa, che impatterà sul futuro delle nostre aziende. Senza una riforma che aumenti i fondi, il rischio è quello dell’abbandono della produzione. I tempi per l’adesione dell’ Ucraina non saranno brevi, ma il nuovo allargamento dovrà incidere sulle proposte che la Commissione dovrà presentare, alla fine del 2025, per il bilancio pluriennale della Ue dopo il 2027. I fondi destinati all’agricoltura dovranno dunque essere aumentati, altrimenti le proteste non si fermeranno.
Proteste in tutta Europa
In Europa le proteste vengono cavalcate dalla destra sia in Germania, dove l’avanzata di Alternative fùr Deutshland viene stimata dai sondaggi come primo partito al 23%; in Francia dove Marine Le Pen al 28% è il primo partito dalla primavera scorsa; in Olanda dove il partito dei contadini ha già raggiunto una clamorosa vittoria con il 19%, passando la palla al sovranista Wilders che ha stravinto; in Belgio con l’avanzata del Vlaams Belang, il partito fiammingo di destra.
La parola d’ordine è dunque reimpostare l’agenda agricola dell’ Europa e del nostro paese, redistribuire le risorse tra Nord e Sud, contrastare le speculazioni, valorizzare le aree di eccellenza e curare tutte le falle aperte da un modo sbagliato di concepire l’economia e la politica agricola, dando ascolto a tutte quelle rappresentanze minori del mondo agricolo e dei consumatori, fortemente radicati sui territori.
Una conferenza agricola nazionale forse potrebbe essere d’aiuto per la ripartenza del settore.