RINCARI: GRANO DURO NON VIENE DA UCRAINA

Un’interrogazione al Senato per fare luce su alcune dinamiche poco chiare nei rincari di beni di largo consumo come pane e pasta. Due i punti fermi: potenziare il grano italiano e rendere subito effettiva la CUN.

Pochi giorni fa (il 9 marzo) è stata presentata al Senato una interrogazione al Ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli a prima firma del senatore Saverio De Bonis e sottoscritta da diversi senatori.

Crisi ucraina e materie prime

La crisi in Ucraina ha prodotto un problema di approvvigionamento su alcune materie prime, su cui però si sono innescati fenomeni poco chiari.

Dall’Ucraina, è vero, arrivano quantità consistenti di mais, necessario per una serie di attività tra cui il settore zootecnico.

E arrivano anche, come pure dalla Russia, quantità non trascurabili di grano tenero, necessario per produrre il pane.

Tuttavia, come si legge nell’interrogazione, “questo aspetto della crisi appare un po’ sopravvalutato in quanto si possono sostituire le importazioni con altre origini”.

Come emerge dall’atto parlamentare, e come noi di Granosalus abbiamo già evidenziato, l’Italia non importa grano duro dall’Ucraina, per cui i rialzi nella filiera della pasta sono ingiustificati da questo punto di vista.

In ogni caso, è auspicabile che il governo adotti “iniziative per scongiurare l’aumento inflattivo dei costi”.

Recuperare la produzione nazionale

Ma il dato politico ancora più importante è che “negli ultimi anni 600.000 ettari di seminativi, proprio del Sud, sono stati abbandonati a causa di una politica pubblica altamente disincentivante (con divari enormi negli aiuti tra le varie regioni) e tutto il grano duro che non si coltiva più è stato rimpiazzato dal grano duro estero (in prevalenza canadese)”.

Dunque, ricapitolando: negli anni l’Italia ha disincentivato la produzione di grano duro e nel frattempo ha aumentato l’importazione dello stesso, ma non certo dai paesi oggi in guerra, bensì soprattutto dal Canada.

La guerra, piuttosto, ha avuto la funzione, seppure in maniera tragica, di evidenziare un paradosso tutto italiano. Come si legge nell’atto del senatore De Bonis, il grano rappresenta sulla carta, specie nel Meridione, “uno dei fiori all’occhiello dell’agricoltura italiana. Peccato, però che negli anni, nonostante le raccomandazioni contenute nel Piano cerealicolo nazionale (non si sia incentivato il rafforzamento della produzione nazionale)”.

Rivedere le politiche della PAC

A questo si devono aggiungere gli effetti nefasti della riforma della PAC.  Come si legge anche nell’interrogazione, “la PAC fu concepita per fare in modo che non ci fosse più scarsità di cibo, in particolare di cereali, e che ci fosse equità reddituale per le popolazioni rurali”. Ma la nuova PAC tende “a far ritirare superfici dalla produzione, riducendo i trasferimenti del primo pilastro”.

Insomma, la politica agricola comunitaria non assolve più al suo compito di sostenere l’agricoltura e il reddito degli agricoltori ma risponde a logiche diverse.

Ecco perché è necessario, come si rileva nell’interrogazione, procedere ad una “revisione delle politiche di convergenza sugli aiuti”.

Se i produttori non solo non ricavano alcun reddito dalla coltivazione agricola, in particolare di grano, ma addirittura vanno in perdita, perché mai dovrebbero votarsi a questa missione?

Ultima, ma non per ordine di importanza, la questione della CUN del grano.

CUN da sperimentale a effettiva quanto prima

Il dato forse più interessante dell’interrogazione è la richiesta a Patuanelli e al governo di attivarsi per far passare nel più breve tempo possibile la CUN da sperimentale a effettiva. Dopo 15 sedute in cui gli industriali non si sono presentati, da pochi giorni sono venuti a più miti consigli sedendosi al tavolo.

Ma adesso bisogna fare un passo avanti.

“Occorre – si legge nell’atto parlamentare – che la CUN superi la fase sperimentale e diventi subito effettiva, data l’urgenza. È necessario non solo per gli agricoltori ma anche per tutelare i consumatori che rischiano di essere vittime di una speculazione annunciata, poiché nella catena del valore è occultata un’ampia sperequazione del profitto dei singoli attori della filiera”.

Con la maggiore trasparenza garantita dalla CUN, “anche i terreni marginali potranno diventare più redditizi e si potranno colmare i divari territoriali”, assieme ovviamente ad adeguate politiche per garantire il reddito ai produttori.

Seguiremo la vicenda e vi terremo aggiornati.

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