Alla riunione della Commissione sperimentale nazionale (CSN) del frumento duro sono emerse alcune criticità. La riluttanza al prezzo unico per tutto il paese e l’esclusione della quotazione per il biologico
Il 20 settembre scorso si è tenuta in videoconferenza, promossa dal MIPAAF, la prima riunione della Commissione sperimentale nazionale (CSN) del frumento duro, che apre la strada alla costituzione della vera e propria Commissione unica nazionale (CUN).
Per il 4 ottobre è prevista la prima quotazione, basata su prezzi previsionali che tengono conto delle tendenze nazionali ed estere di mercato.
I produttori sono rappresentati da dieci commissari (cinque per Coldiretti, due per Confagricoltura, due per Cia e uno per Liberi agricoltori).
Anche la parte acquirente, ossia quella dei trasformatori, è rappresentata da dieci commissari indicati da Italmopa.
I nodi critici della CSN
Purtroppo, abbiamo alcune critiche da muovere ad alcuni orientamenti emersi nella nuova riunione della CSN, che erano presenti già alcuni mesi fa. In particolare: 1) la volontà di mantenere tre quotazioni separate per Nord, Centro e Sud; 2) il rifiuto di inserire una quotazione ad hoc per il grano biologico.
Si tratta di evidenti contraddizioni che noi di Granosalus abbiamo già messo in evidenza più volte.
Quotazioni separate contra legem
La volontà di tenere tre quotazioni separate per le diverse aree del paese sembrerebbe in realtà gradita soprattutto ai trasformatori. Il punto è che in tal modo si snatura la funzione della Commissione unica nazionale, la cui legge prevede appunto un prezzo unico. In questo modo si introduce, contra legem, una sorta di commissione triplice. Ma la funzione della CUN è proprio quella di garantire stabilità e trasparenza nella formazione dei prezzi, per mettere al riparo gli agricoltori da ribassi speculativi e in questo modo anche i consumatori dall’arrivo massiccio di grani esteri di dubbia qualità.
Rinviata la quotazione bio
Anche rispetto alla quotazione per il grano biologico si va in direzione opposta a quella prevista in origine. La tendenza che sarebbe emersa all’ultima riunione è di procrastinare di sei mesi l’introduzione della quotazione per il bio, con giustificazioni molto deboli.
Innanzitutto, questo va palesemente contro le indicazioni dell’UE e del Green Deal europeo, che puntano a una quota di produzioni biologiche pari al 25% entro il 2030, come ribadito anche al SANA di Bologna.
Come si spera di raggiungere questo ambizioso obiettivo estromettendo di fatto il bio da un settore strategico come quello del grano?
Tra l’altro, nel settore cerealicolo in generale l’Italia è seconda in Europa per superficie coltivata a biologico. Nel solo frumento duro, la superficie è pari a circa l’11%, con una forte incidenza delle coltivazioni bio soprattutto al Sud. Inoltre, i dati del MIPAAF mostrano come nelle produzioni di cereali negli ultimi dieci anni vi sia stato un incremento di addirittura il 71%.
Questi dati dimostrano come la domanda di biologico sia in costante aumento, e sia destinata a crescere ulteriormente.
Per questo non è comprensibile l’atteggiamento di chi vuole escludere il bio da uno strumento fondamentale quale la CUN del grano. Tanto più che il nostro paese, in particolare al Mezzogiorno, è naturalmente vocato a questa coltivazione e il ricorso ad agenti chimici è pressoché inutile.
Dunque, è naturalmente vocato al grano bio.
Noi continueremo a monitorare i lavori della CUN per verificare se nelle prossime settimane gli orientamenti cambieranno, sia rispetto alla quotazione unica a livello nazionale sia all’inserimento del biologico.