Più giustizia distributiva in agricoltura significa più tutela della salute pubblica. Appello alle forze politiche

L’agricoltura è ancora il settore primario per il Paese? Più agricoltura di qualità significa più tutela della salute pubblica? Che ruolo può avere il mezzogiorno agricolo in ambito nazionale  ed europeo?

Le imminenti elezioni politiche sono l’occasione propizia per lanciare un appello alle varie forze in campo affinché colgano il valore della nostra agricoltura.

E’ forse giunto il momento di dire basta! Non si può continuare a considerare il settore primario come la cenerentola della nostra economia o addirittura una merce di scambio.

E’ altrettanto patetico assistere a trasmissioni televisive come Petrolio che contrappongono il sud agricolo (frammentato e disorganizzato) al nord agricolo (virtuoso), quasi come se le risorse agricole del mezzogiorno – di alto profilo qualitativo sotto l’aspetto tossicologico, dunque, più importanti  per la sanità collettiva – fossero una minaccia per il paese e non una opportunità.

Negli ultimi trenta anni la classe dirigente ha di fatto svenduto in Europa l’agricoltura italiana a favore degli accordi bilaterali e appalti propugnati dalla grande industria.

Il risultato non è esaltante! Ne hanno sofferto le produzioni mediterranee a vantaggio di quelle continentali. Di conseguenza, siamo stati costretti ad importare sempre più materie prime estere, di scarsa qualità, con costi solo apparentemente più accessibili, ma con riflessi sulla salute pubblica che nessuno sinora si è preoccupato di stimare.

Basterebbe pensare solo al caso glifosate sul grano per capire qual’ è la portata del problema collettivo dovuto a politiche di approvvigionamento sbagliate in agricoltura. O a scelte di politica di settore assolutamente miopi.

Il caso celiaca

Da un recente servizio del Corriere abbiamo appreso che in Italia ci sono 198.427 celiaci (di cui i 2/3 sono donne). Una malattia che ancora troppo spesso è sotto-diagnosticata visto che si stima che 408mila persone ancora non sanno di averla. La celiachia è una condizione infiammatoria permanente in cui il soggetto deve escludere rigorosamente il glutine dalla dieta.

Ormai classificata come malattia cronica, si sviluppa in soggetti geneticamente predisposti e colpisce circa l’1% della popolazione. Nel 2015, il Servizio sanitario ha speso circa 270 milioni di euro per garantire gli alimenti senza glutine. Ma c’è anche la falsa celiachia che ha numeri ben più importanti.

 

E’ giunto, dunque, il tempo di valutare il comportamento delle forze politiche nelle decisioni comunitarie e di riconoscere maggiore giustizia distributiva a favore della nostra agricoltura di qualità che può aiutare a fare prevenzione e a ridurre l’incidenza della bilancia sanitaria dello Stato.

La sfida per chiunque voglia occuparsi seriamente di politica agricola, senza trascurare l’intima connessione con la salute pubblica e la tutela del territorio, passa però attraverso un riequilibrio dei redditi lungo la catena del valore.

Siamo infatti di fronte ad argomenti strettamente collegati che richiedono una visione strategica di lungo termine, dove l’idea della battaglia di corporazione (spesso folcloristica) passa in secondo piano e al centro degli interessi c’è la salute di tutti gli italiani, che solo un settore agricolo forte può garantire.

Il mezzogiorno agricolo ha una carta importante da giocarsi? Certo! L’ agricoltura al Sud è ricca di materie prime nobili e non contaminate.

Il prossimo governo ha quindi il dovere di restituire dignità a chi produce cibo in Italia prestando meno attenzione a garantire privilegi e profitti di chi trasforma o specula. Solo così potrà aumentare la tutela della salute e dell’ ambiente, a beneficio di tutto il sistema Paese.

Se finora alcune forze hanno incentrato la loro battaglia e le loro aspettative su acqua e aria, occorre nel futuro prestare più attenzione sul cibo. A partire proprio dal grano agricolo.

Molti consumatori sono ignari dei risvolti e degli appetiti legati al cibo. Quasi metà della popolazione mondiale vive quotidianamente il problema di un’ alimentazione insufficiente. L’ altra metà soffre dei tipici problemi legati a un’ alimentazione sovrabbondante e alle disfunzioni che ne derivano. Non è un paradosso, se non apparente, ma l’ inevitabile corollario di un sistema che consente solo ad un pugno di grandi multinazionali di trarre profitto dall’ intera catena alimentare mondiale, attraverso cartelli, abusi, frodi, commerci speculativi e assenza di controlli.

A tal fine, la funzione del prossimo governo è quella di ascoltare le strategie che produttori e consumatori possono mettere in atto per proteggere la propria salute, la propria sovranità alimentare, il proprio ambiente e contrastare lo strapotere delle multinazionali.

Occorre insomma un moto d’orgoglio popolare che consideri l’ agricoltura come BENE COMUNE, tutela del territorio, ambiente, salute, volano per il turismo, per l’artigianato, per la ricerca  e anche, perché no per l’industria, quella seria: che produce, crea posti di lavoro, inquina il meno possibile e che prende dall’agricoltura i valori: amore e rispetto per il territorio e per i cittadini che la ospitano.

 

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