I veri spaghetti all’ italiana sono quelli che non danno problemi all’ intestino

E’ inutile affannarsi scomodando il New York Times che 20 anni fa spiegava agli americani che i “veri” spaghetti all’ italiana sono quelli cucinati al dente. In venti anni la scienza ha fatto passi da gigante. Oggi, peraltro, è Sant’Alberto Magno, protettore degli scienziati. Ed è grazie alla loro opera se i consumatori – sempre più informati – sono alla ricerca di garanzie sotto il profilo tossicologico, non organolettico.

E’ vero che a tutti piace la pasta al dente, ma se scopriamo che i tempi di essiccazione oltre i 100 gradi formano, di fatto, un film plastico “indigesto” che aumenta la resistenza alla cottura, è evidente che a fronte di questo vantaggio sorge spontanea un’ altra domanda: il nostro intestino è stato concepito per digerire film plastico? Cosa risponde la scienza?

I metodi scientifici adoperati da Sant’Alberto Magno non sono quelli che si sono affermati nei secoli successivi. Il suo metodo consisteva semplicemente nell’osservazione, nella descrizione e nella classificazione dei fenomeni studiati, ma egli ha aperto la porta per i lavori futuri.

Oggi il fenomeno dell’ intolleranza al cibo è in forte aumento e ogni volta che ci sediamo a tavola ci assillano molti dubbi. I sistemi immunitari stanno impazzendo con una crescita esponenziale di patologie autoimmuni, allergie, tumori. Per la celiachia, ad esempio, un recente studio ha testato i campioni di villi intestinali  congelati ottenuti tra il 1948 e il 1954 per gli anticorpi al glutine e ha confrontato i risultati con quelli raccolti negli ultimi anni (Rubio-Topia et al. , 2009 ). La ricerca ha quantificato un aumento di quattro volte l’incidenza della malattia celiaca nei nuovi campioni rispetto a quelli più vecchi.

Sant’Alberto Magno non solo fù nominato da Papa Pio XII patrono dei cultori delle scienze naturali, ma fu chiamato anche “Doctor universalis” proprio per la vastità dei suoi interessi e del suo sapere.

Se fosse qui con noi avrebbe scoperto quanto siamo ignari consumatori di sostanze attorno alle quali girano miliardi di dollari. Come il glifosato.

E avrebbe anche scoperto una strana relazione numerica. L’associazione GranoSalus ha fatto analizzare venti semole in commercio, 14 sono risultate contaminate da glifosato. Una recente indagine dell’Istituto dell’Ambiente di Monaco (Germania) ha trovato tracce di erbicida in 14 marche di birra commerciali. L’anno scorso un’indagine dell’ Associazione A Sud e della rivista il Salvagente su 14 donne in gravidanza ha trovato tracce di glifosato nelle loro urine.

Parleremo di questo ed altro al Simposio Nazionale del Grano che si terrà a Matera il 25 Novembre prossimo con un ricco parterre che sarà illustrato in occasione della Conferenza stampa di Lunedi prossimo.

Nel frattempo, Aidepi insiste sulle sue tesi e in un articolo di ieri cerca di definire un proprio identikit del grano buono che punta a sminuire il ruolo di questo nobile cereale a semplice materia prima (fungibile) per far passare in primo piano quello della trasformazione e del know-how (elementi infungibili).

E’ bene precisare che le nostre nonne quando facevano la pasta a mano non utilizzavano le sofisticate tecnologie attuali, ma alcuni semplici ingredienti: acqua e semola. La macchina, allora, era rappresentata dalla manualità dell’impasto e la pasta era non solo buona, ma sana e digeribile. Con basse proteine!

Con l’ avvento dell’ industria il concetto di prodotto sano e digeribile sembra essere passato in secondo piano.

Oggi la parola d’ordine è esportare. In nome dell’ export sembra che tutto debba essere permesso: anche intossicare “legalmente” i consumatori, approvvigionandosi di materie prime estere che altrove non possono mangiare nemmeno gli animali! Ed è paradossale che quando questa merce arrivi ai nostri porti, non venga neppure controllata. Lo ha dimostrato brillantemente il servizio CHE SPIGA! di Report del 30 ottobre 2017.

Abbiamo anche capito che per gli industriali toccare il tasto “prodotto sano” è quasi un TABU’. Prodotto sano significa grano sano cioè non contaminato, un concetto però che a quanto pare sembra troppo oneroso. Secondo le industrie un prodotto sano sarebbe talmente proibitivo da dover aumentare il suo costo di ben 10 volte!

A noi sembra che un prodotto bio con l’ 11.5% di proteine, non sia un prodotto proibitivo e non abbia un costo dieci volte superiore. Suvvia! Produrre spaghetti sani che non diano problemi all’ intestino, non è una operazione troppo onerosa! Lo chiede la scienza.

La competitività della pasta Made in Italy è legata a doppio filo alla qualità delle sue materie prime, ma oggi questo concetto non è più declinabile facendo leva unicamente su strumenti legislativi inadeguati (ad esempio i desueti meccanismi di formazione dei prezzi all’ origine, senza alcuna griglia di valutazione della qualità tossicologica), oppure su una legislazione un pò confusa sui limiti tossicologici che appare contraddittoria con altre parti del mondo.

Aidepi se ne faccia una ragione: la nuova purezza è nell’ assenza di contaminanti.

E i grani del Sud, prove alla mano, dimostrano di avere i numeri giusti: ZERO CONTAMINANTI.

GranoSalus lo sta evidenziando in tutte le sedi, proprio grazie al suo Comitato Scientifico. La lungimiranza delle sue vedute, a tutela della salute pubblica e delle comunità rurali, è stata ormai recepita anche nelle aule di giustizia! E lo hanno confermato finanche le analisi di Report.

Del resto, Sant’Alberto Magno ci ricorda che gli uomini di scienza possono percorrere, attraverso la loro vocazione allo studio, un autentico e affascinante percorso di santità.

 

 

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