Per il presidente Italmopa, l’ associazione degli industriali della prima trasformazione, l’urgente adozione di misure ripetutamente inviate alle competenti amministrazioni appare una soluzione magica. Ma la realtà è ben diversa
E’ la solita litania quella proposta dalle industrie di trasformazione aderenti ad Italmopa. (i) La qualità media delle produzioni italiane non sarebbe all’ altezza delle loro esigenze. (ii) Le strutture di stoccaggio del grano non sarebbero adeguate. (iii) Nessuna misura di contrasto è stata finora adottata per limitare la volatilità dei prezzi.
Finchè saranno queste le ricette di buon senso dei mugnai, volte a tutelare l’interesse dei consumatori e a garantire la competitività della filiera nel suo insieme, non andremo da nessuna parte. Altro che futuro con il 100% di grano italiano come sostengono i loro colleghi di Aidepi!
Caro De Sortis, la qualità del grano duro italiano è da sempre superiore a tutti gli altri grani del mondo. Italmopa lo sa bene.
Ovvio che la declinazione del concetto di qualità secondo voi è legato solo ad alcuni aspetti tecnologici: un peso specifico alto per voi significa più resa in semola, dunque più profitti; un tenore proteico più alto per i pastai a cui rivendete la semola significa più velocità di essiccazione e riduzione dei tempi di produzione, dunque più profitti.
Ma siete proprio sicuri che questi concetti di qualità siano coincidenti con le aspettative dei consumatori?
La gente ormai ha capito che un grano di qualità può definirsi tale solo se è sicuro sotto il profilo sanitario. Se presenta proteine troppo elevate, il vantaggio di una maggiore tenuta di cottura della pasta comporta un pericoloso inconveniente: quello di una maggiore intolleranza sia al glutine che agli effetti negativi delle alte temperature (furosina).
Chi ha stabilito la soglia proteica del 13%, di cui parla anche Aidepi? La pasta è buona e al dente anche con l’11,5% di proteine! Le filiere capestro che impongono certi livelli proteici sono anticoncorrenziali. Sono tantissimi gli agricoltori delusi dai vostri contratti industriali!
Il grano del mezzogiorno oltre a garantire gli aspetti tecnologici, un buon livello proteico e una buona resa, è l’unico al mondo a non avere residui tossicologici. altroché grano scadente!
Il nostro è privo di Don, è privo di Glifosate ed è privo di Cadmio. Lo hanno confermato le nostre recenti analisi su sette campioni tra Puglia e Basilicata. Ma voi non volete ammetterlo, per non pagarlo ai produttori italiani, costringendoli così o ad abbandonare la produzione o a diventare schiavi nelle filiere come avviene nelle soccide. Affermate invece di pagare il 15-20% in più per l’acquisto del grano estero ma non è vero.
Non è vero, dunque, che il grano estero costi più del nostro: di fatto dal Canada ritirate il grano di terza e quarta categoria, a prezzi stracciati, non certo il grano di prima e seconda categoria, che essendo più costoso non consente di fare profitti.
E’ vero, invece, che preferite sostenere una politica di approvvigionamento dall’ estero, dove il grano contaminato costa meno. E rivendicate, dal pubblico, più strutture di stoccaggio per poter immagazzinare più tranquillamente le navi straniere. Troppo comodo! Fatelo con le risorse Italmopa.
Tutto quel grano scadente serve per tenere artificialmente bassi i prezzi del grano sano italiano, intossicando così tutta la filiera. Dal produttore al consumatore finale costretto a mangiare pasta, pane, focacce e biscotti arricchiti di glifosate, don e cadmio. Altro che 600 mila controlli l’anno, come dichiara Aidepi! I controlli veri li facciamo noi e nei tribunali non li avete contestati con vostre controanalisi. Lo hanno affermato i giudici.
Per voi non vale il principio di precauzione, né i limiti biologici, ma solo i limiti economici frutto delle attività di lobbyng. Ma i consumatori oggi non vogliono nessun livello di contaminazione nei trasformati dei cereali!
Circa l’ ultima misura di contrasto alla volatilità, vi ricordiamo che le ricette sono già previste dalla legge istitutiva delle CUN, le commissioni uniche nazionali e dal decreto attuativo, che voi osteggiate così come Aidepi osteggia il decreto sull’ etichettatura. Basterebbe far partire la CUN e introdurre la griglia di qualità tossicologica per risolvere il problema della volatilità.
Parlatene con Coldiretti e Confagricoltura che vanno ancora in giro a perorare filiere capestro anticoncorrenziali.