Il diritto di sapere da dove arriva il grano è un diritto al benessere dei consumatori. Ma non è l’unico!

Sapere cosa mettiamo in tavola è un diritto sacrosanto dei consumatori. Non c’è dubbio! Ma siamo proprio sicuri che la (finta) etichettatura preparata a fini elettorali dal Governo sia la vera soluzione? La vera informazione utile al benessere dei consumatori è quella di cui parla Carlo Petrini o ciò che sostiene da tempo GranoSalus?

L’avvento della globalizzazione, ha dato vita a nuove forme di comunicazione, che se correttamente utilizzate possono contribuire a ripristinare la sovranità alimentare, foriera di un maggiore potere e benessere del consumatore. Grazie alla rete i consumatori hanno ogni giorno di più il mondo a portata di mano. E oggi, l’esperienza di GranoSalus dimostra che con l’ informazione il potere della gente è più forte della gente al potere. Sono ormai migliaia i consumatori che ci seguono e sostengono la nostra attività.

E’ storia recentissima la vicenda – da poco conclusa in Italia – che ha contrapposto l’ associazione GranoSalus ed I Nuovi Vespri alle industrie della pasta che sono quindi dovute ricorrere al Tribunale di Roma affinché le due associazioni ponessero rimedio alle informazioni divulgate in rete su alcuni test sulla pasta, con articoli ritenuti dagli industriali diffamatori.

La vicenda, conclusa positivamente per GranoSalus e I Nuovi Vespri, è strettamente collegata al tema delle informazioni al consumatore ed ha preso in considerazione il ruolo di alcuni contaminanti (Glifosate, Don e Cadmio) come marcatori della provenienza e qualità del grano utilizzato.

Adesso sarebbe opportuno valutare i danni subiti dai consumatori e produttori a causa della distorsione della concorrenza e dei probabili rischi sanitari.

La guerra sposta gli obiettivi sull’ etichettatura

E’ questo il contesto nel quale s’inserisce un nuovo ricorso promosso dagli
industriali della pasta presso il TAR LAZIO, nel quale si impugna la decisione dell’ Italia di emanare un decreto che informi i consumatori sull’ origine del grano in etichetta.

E’ anche vero che migliaia di consumatori vogliono informazioni trasparenti sull’origine del grano. Ora, secondo alcuni è sufficiente scrivere l’origine del grano sulla etichetta, con metodi criptati da non far capire nulla al consumatore. Secondo l’intuizione di GranoSalus è sufficiente fare il monitoraggio delle paste e mettere in competizione le aziende per innalzare il livello di qualità sotto l’aspetto della sicurezza sanitaria e non della provenienza. Del resto, sulla dubbia efficacia di questo decreto  ve ne abbiamo già parlato qui.

Etichette italiane della pasta? Un test sui limiti del diritto comunitario

Gli industriali questa volta hanno come alleati i produttori di grano canadesi che starebbero facendo pressioni sul loro governo affinchè spinga l’Ue a dichiarare l’iniziativa italiana contraria alle norme europee sulla concorrenza e al Trattato CETA, provvisoriamente già in vigore. Ne abbiamo parlato qui.

Pasta: cresce l’ansia dei canadesi per l’etichettatura d’origine italiana

L’ etichettatura della pasta solleva le preoccupazioni canadesi

Agli industriali, inoltre, piacerebbe usare il 100% di grano italiano, ma secondo loro non ce nè abbastanza sia in termini qualitativi che quantitativi.

“Per Barilla il 10% del nostro grano è eccellente, il 50% circa è di qualità media, il restante non ha gli standard di qualità della legge di purezza”

Dunque, da un lato i produttori canadesi di grano e gli industriali italiani, dall’ altro, i produttori di grano italiano e i consumatori.

“Secondo GranoSalus, i canadesi e gli americani sono venuti a dirci in Camera di Commercio a Foggia che il loro grano prodotto nel 2016 era pieno di micotossine Don che, insieme al glifosate e al cadmio, rappresenta il marcatore di provenienza. Quel grano, di terza e quarta categoria, data la scarsa qualità, costa poco all’ origine e consente ai nostri industriali di fare ingenti profitti, sulla pelle dei nostri consumatori e dei produttori. Una volta arrivato in Italia viene sapientemente miscelato, grazie ad una legislazione compiacente, all’ assenza di controlli sul glifosate e alla mancanza di controlli diffusi su Don e Cadmio (solo il 5% delle navi viene analizzato)”.

Che interesse ha allora il Canada per le nostre etichette? Perché i pastai italiani importano molto grano dal Canada, a basso prezzo, anche se in Canada si fa uso di glifosate per seccarlo? Noi abbiamo il sole che svolge questo compito. Loro ce l’hanno poco e non basta. Devono usare la chimica che uccide la nostra salute.
Carlo Petrini, oggi su Repubblica, dice che i consumatori devono sapere tutto, e
comprare la pasta senza glifosate, perché questo prodotto chimico è “probabilmente cancerogeno” secondo lo IARC. E’ vero ed è giusto. Parole sante!
Ma è arrivato il tempo, secondo noi di GranoSalus, di dire tutto, sottolineando che il significato di concorrenza include non tanto l’informazione ai consumatori sull’ origine del grano, quanto il loro benessere che deriva dall’ assenza di tutti questi contaminanti: insieme potrebbero avere effetti sinergici e additivi ancora ignoti alla scienza. Ragioni di precauzione, dunque, dovrebbero suggerire al buonsenso degli industriali di togliere questi residui, di finanziare ricerche sull’ effetto cocktail  e solo allora la battaglia del grano avrà fine!

E’ questa la vera battaglia: una battaglia d’informazione che GranoSalus conduce con metodo scientifico riconosciuto dai Tribunali! Gli altri fanno solo propaganda: sono i cosiddetti parolai di professione! Del resto, avete mai visto le industrie della pasta portare in Tribunale Coldiretti?

Chi come Coldiretti cerca di girare intorno al problema, andando a braccetto con gli industriali nelle filiere iperproteiche oppure ostacolando  l’istituzione di una Commissione unica nazionale (CUN) a Foggia, capitale del grano, che possa fare trasparenza sulle qualità tossicologiche del grano, di fatto, è dalla parte delle industrie, non dei consumatori e nemmeno dalla parte dei produttori.

I consumatori non devono più fidarsi di queste organizzazioni e neanche di Petrini – nuovo alleato della Coldiretti! – che non fa alcuno accenno a questo aspetto?

Petrini dice che i consumatori devono sapere tutto ma non si pone la domanda: “Perché Coldiretti, ad oltre un anno dal divieto, non ha ancora diffidato il Ministero della Salute sull’ assenza di controlli sul glifosate?”

Petrini dice che i consumatori devono sapere tutto. Bene, allora come mai non si ricorda che molti anni fa il Dr Poligneri, dopo un convegno della condotta Slow food di Altamura, a cui era presente anche Paolo De Castro, gli ha consegnato un dossier sui limiti elevati in Europa del DON. Che fine ha fatto quel dossier? Perché Petrini non ne ha mai parlato? Perché non ha usato il megafono di Repubblica per fare una campagna d’informazione con cui dire agli italiani che i valori europei, invece di essere i più bassi, sono i più elevati al mondo?

Petrini dice che i consumatori devono sapere tutto. Bene e allora perché non spende una parola nemmeno sulle proteine elevate imposte dagli industriali, e dunque sui livelli di glutine elevati? Quei valori alti servono ad accelerare i tempi di essiccazione della pasta, ma le alte temperature generano una reazione chimica che produce una molecola tossica per il nostro organismo chiamata “furosina“.

Le industrie definiscono questi processi il frutto delle loro “innovazioni” per aumentare la loro produttività economica. E vengono pure premiati. Ma non dicono quali sono i risvolti di questa folle tecnologia tesa a plastificare la pasta e danneggiare la salute dei consumatori! Possibile che il buon Petrini non ne sappia nulla?

Il colore svela il procedimento tecnologico adottato nella produzione della pasta. 

Il colore della pasta è dato dalla pigmentazione delle semole di partenza. Nelle paste essiccate lentamente a bassa temperatura (massimo 65 ° C) il colore è proprio quello delle semole ovvero giallo paglierino. Se invece il processo di essiccazione viene realizzato ad alte temperature (fino a 105 ° C con tempi molto più brevi) si ha produzione di furosina, formazione di un colore giallo e resistenza alla cottura della pasta (la pasta resta sempre al dente).

Tutti contenti! Specie i ristoratori! Ma il nostro intestino poi si ammala, si ribella a questo modello di alimentazione.

Ecco perché non è solo l’origine che salva la nostra salute! Sono altre le informazioni strategiche. Ma Petrini e Coldiretti si guardano bene dal dirlo agli italiani. Perché, forse, coprono altri interessi.

Del resto, tutti sanno che secondo le norme europee sulla concorrenza quello che ha fatto l’Italia in tema di etichettatura molto probabilmente verrà bocciato dalla Commissione europea. Era già accaduto con il Ministro Alemanno. Il diritto europeo se consentisse una simile operazione sancirebbe la morte del mercato unico, favorendo una sua compartimentazione. La Germania è contraria e pure la Francia.

La soluzione è, dunque, la Commissione unica nazionale (Cun)

Tutti spingono verso le filiere: industrie, sindacati agricoli e Ministro. Sono pochi quelli che spingono nella direzione della CUN e di una risoluzione parlamentare che, invece, ha impegnato il governo a risolvere il problema in maniera diversa ed efficace. Guardando agli interessi della salute degli italiani. E per fare questo bisogna partire da uno strumento per la classificazione della qualità tossicologica del grano. Appunto la CUN. C’è una legge dal 2015, c’è un decreto da maggio 2017 ma nessuno fa niente.

I commercianti pensano forse di bypassare il problema con un prezzo del grano fatto a Bruxelles? Magari attraverso l’EuroCun? Se lo faranno saranno loro, ancora una volta, ad essere fuori legge e fuori mercato. Noi vogliamo l’applicazione immediata delle leggi già in vigore a favore dei consumatori e dei produttori italiani.

SOSTENERE LE BATTAGLIE DI GRANOSALUS E’ DOVEROSO, ANCHE CON UN PICCOLO GESTO


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