Il Governo italiano, dopo l’ Ordinanza dei giudici del Tribunale di Roma che ha rigettato il reclamo degli industriali della pasta contro GranoSalus, deve interpretare autenticamente il suo decreto, applicare il principio di salvaguardia della salute dei consumatori previsto dall’ Art. 23 Direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001 e bloccare l’ingresso di navi di grano straniero al glifosate come dovere di prudenza
Sulla vicenda dei contaminanti del grano estero e della pasta vi è «un ampio dibattito nel mondo scientifico e pubblico in generale», scrivono i giudici del Tribunale di Roma nell’ Ordinanza di rigetto che vede soccombere Barilla, Divella, De Cecco, Garofalo e La Molisana. I giudici sottolineano che «non vi è dubbio che la divulgazione dei risultati della ricerca costituiscano legittima espressione del diritto di libertà di manifestazione del pensiero, sancito dall’articolo 21 della Costituzione e di libertà della scienza garantita dall’articolo 33 della Costituzione, senza limiti e condizioni. Tanto più che, trattandosi di temi di tale delicatezza e rilevanza per la salute pubblica, nessuna censura sarebbe ammissibile».
E’ stato messo in evidenza che il grano coltivato in paesi umidi, quali il Canada e l’Ucraina, viene seccato con il Glisofate e contiene in misura più elevata un fungo, il DON, sostanze dannose per la salute.
“Non a caso, – si legge nell’ Ordinanza – il 22 agosto 2017 è entrato in vigore in Italia il decreto del Ministero della Salute che in attuazione del regolamento Ue 1313 del primo agosto scorso, ha disposto la revoca delle autorizzazioni all’ immissione in commercio e modifica delle condizioni d’ impiego di alcuni prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate, sospettato di essere cancerogeno, mentre in precedenza era possibile utilizzare il glifosate nelle coltivazioni in pre-raccolta “al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura”.
I giudici della prima sezione civile del Tribunale di Roma evidenziano che “Il dibattito in questione, che riguarda la sicurezza alimentare della popolazione, riveste un interesse pubblico particolare ed attiene anche all’ adeguatezza dei limiti europei alla presenza di contaminanti negli alimenti…”.
Il divieto introdotto dal Decreto del Ministero, con questo nuovo pronunciamento, pare superare i pregressi limiti di contaminazione da glifosate di cui al Regolamento UE 293/2013 ed alle relative tabelle, e, in ogni caso, si pone in contrasto con tale ultima norma, senza che nessuna forza politica sinora abbia affrontato la delicata questione.
Alla luce del provvedimento del Tribunale di Roma, nonché del principio di precauzione e della possibile minaccia alla salute dei consumatori, riteniamo infatti possano sussistere effettivamente seri dubbi sul coordinamento tra le norme, che appaiono per molti versi contrastanti fino al punto che la seconda, in senso temporale, pare elidere, se non proprio abrogare, la prima.
Ma quel divieto sinora è rimasto sulla carta perché secondo il Ministero c’è un contrasto tra norme. E, di fatto, quel grano tossico continua ad arrivare e non viene neppure analizzato!
La nostra associazione continua a denunciare l’arrivo di navi estere cariche di glifosate (abbiamo anche inviato prove documentali e segnalazioni a svariate autorità) senza che il Ministero abbia inserito tale sostanza tra gli analiti da analizzare dando precise disposizioni alle sedi periferiche dell’ USMAF. E, senza che in Puglia vi siano laboratori pubblici accreditati.
Oggi anche i giudici dei Tribunali asseriscono che l’uso del glifosate è vietato, interpretando in modo autentico lo spirito del legislatore nazionale e, soprattutto, il principio di precauzione cui è informato il nostro diritto comunitario.
L’ ordinanza è destinata a fare giurisprudenza e chiarisce in modo netto i dubbi dei dirigenti ministeriali:
“… il governo italiano ha imposto di rendere evidente nelle etichette la provenienza del grano utilizzato per produrre la pasta e di vietare l’uso di glisofate…”
Del resto, la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte sul contemperamento tra gli interessi di rango costituzionale, sancendo la preminenza dei valori dell’ ambiente e della salute. Essa ha da tempo ribadito, altresì, che l’incertezza scientifica non è sufficiente per escludere l’adozione di provvedimenti volti alla tutela della salute.(Corte Cost, 26 maggio 1998, n 185, in Foro Italiano, 1998,1713)
Il divieto d’uso del glifosate è, dunque, una misura di cautela in applicazione del principio di precauzione. E la precauzione rafforza l’obbligo di prevenzione, inteso come dovere di ‘prudenza’. Non deve pertanto perdersi di vista la componente valoriale posta a fondamento del principio.
Siccome il fulcro del principio di precauzione è la persona, non solo il danno certo ma anche il rischio derivante da serie e scientifiche valutazioni, può essere potenziale fattore di produzione del danno al benessere dei consumatori.
Ebbene se il glifosate – attesa la sua probabile cangerogenità – per ‘prudenza’ non deve essere presente sul grano nazionale, va da sé che per ‘prudenza’ non deve essere nemmeno presente sul grano che arriva con le navi, un grano che dopo lo sdoganamento diventa comunitario.
Come bloccare allora le navi tossiche? Basterebbe prendere ad esempio quanto avvenuto con gli OGM
Qualora uno Stato membro, sulla base di nuove o ulteriori informazioni divenute disponibili dopo la data dell’autorizzazione e che riguardino la valutazione di rischi ambientali o una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata su nuove o supplementari conoscenze scientifiche, abbia fondati motivi di ritenere che un OGM come tale o contenuto in un prodotto debitamente notificato e autorizzato per iscritto in base alla presente direttiva rappresenti un rischio per la salute umana o l’ambiente, può temporaneamente limitarne o vietarne l’uso o la vendita sul proprio territorio.
Lo Stato membro provvede affinché, in caso di grave rischio, siano attuate misure di emergenza, quali la sospensione o la cessazione dell’immissione in commercio, e l’informazione del pubblico.
Se il governo italiano non farà niente occorrerà, purtroppo, rivolgersi alla Corte internazionale per i diritti dell’ Uomo. Chissa che ne pensa Coldiretti…