La guerra del grano si fa sempre più incandescente. Gli industriali sono preoccupati del calo del 4% delle vendite all’ estero di pasta, ma se l’ Italia non si attrezza a controllare tutte le porcherie importate e a difendere, classificare e valorizzare la qualità della sua materia prima, come avviene nel resto del mondo, saremo costretti ad informare anche i consumatori stranieri di pasta su quello che realmente c’è in ogni busta. Il nostro grano ha i numeri giusti: ZERO CONTAMINANTI…Cosa dice l’ Antitrust nel suo parere sul decreto CUN?
In una intervista sul Salvagente il presidente dei pastai (Aidepi) spiega la posizione delle industrie in quella che non vorrebbe definire la “guerra del grano”, come la chiama il direttore della rivista, ma che oramai è inevitabilmente diventata tale. Anzi noi aggiungiamo una guerra che rischia di diventare sempre più “incandescente“.
Ricordiamo ai lettori che Aidepi ha portato in tribunale non Coldiretti, ma Granosalus, le cui attività di informazione hanno dato evidentemente più fastidio rispetto alle manifestazioni folcloristiche dei berretti gialli.
Aidepi alla domanda: “Grano contaminato?” Risponde: “Ma ci facciano il piacere di tirare fuori le prove dei sospetti che insinuano nei consumatori. Al di là degli show a uso e consumo dei media”.
Il presidente degli industriali ancora una volta si rivolge a Coldiretti per distrarre l’opinione pubblica rispetto a quanto accaduto nel tribunale di Roma, dove le prove del grano e della pasta contaminata le ha tirate fuori GranoSalus, non certo Coldiretti!
E Aidepi in tribunale non ha affatto presentato sue controanalisi sui lotti di pasta
dei suoi associati. Dunque, va da se che anche il grano con cui è stata fatta la pasta (di ben otto marchi maggiormente rappresentativi) fosse contaminato. Ciò a prescindere dai limiti di legge, costruiti ad arte per poter lavorare i sottoprodotti stranieri tagliandoli con il nostro grano non contaminato.
Questa è la verità che Aidepi continua a nascondere per racimolare i suoi spiccioli (che non sono pochi) e che non solo offende il made in Italy ma pregiudica la salute dei consumatori italiani. Già perché gli industriali non dicono ai consumatori italiani che il 75% di grano importato dal Canada è di terza categoria (l’equivalente cioè, nella nostra insignificante classificazione italiana, di un grano di medio-bassa qualità), contiene Glifosate, Don e Cadmio, e viene miscelato al nostro privo di questi contaminanti, come dimostrano le analisi accreditate su sette campioni di grano di nostri associati.
Il tribunale: dubbi legittimi
Il giudice di Roma, del resto, ha sottolineato che i dubbi di GranoSalus erano legittimi:
“È vero che le quantità di contaminanti rilevati nella pasta […] non risultano superiori ai limiti di legge, ma è vero anche che la presenza di tali sostanze può legittimamente indurre gli analisti a dubitare della miscelazione del prodotto italiano con grani esteri”.
Per carità esiste anche il grano estero di qualità, come ad esempio il desert durum americano, ma se ne produce poco e costa caro! Più del doppio di quanto pagano le industrie
italiane con le “ormai anacronistiche modalità operative delle borse merci rappresentanti – secondo un Parere Antitrust su decreto CUN – piazze di contrattazione locale e facilmente assoggettabili a dinamiche concertative opache.
Per valorizzare la qualità del grano italiano serve la CUN
Sempre l’ Antitrust afferma che ormai da alcuni anni sia in corso un processo di ridefinizione dei rapporti economico-commerciali nelle principali filiere che non pare in linea con le principali esperienze di mercato riscontrabili a livello internazionale.
Per l’ Autorità sarebbe auspicabile il passaggio da una pluralità di borse merci locali ad un’unica borsa merci a livello nazionale. Detta appunto CUN.
La legge istitutiva delle Commissioni uniche nazionali (Cun) va proprio in questa direzione e sancisce un principio di trasparenza che a quanto pare non piace alle industrie e neppure alla Confagricoltura, alla Cia e alla Coldiretti che stanno facendo melina da oltre un anno sulla trasparenza nel grano... Sembra che a molti di loro non vada giù il fatto che si debbano sospendere le quotazioni dei bollettini provinciali in cui ci sono loro rappresentanti (spesso supini alle volontà dell’ industria e a metodi poco ortodossi nel rilevare i prezzi).
C’è di più. Dal 2010 tutte queste organizzazioni hanno pure accettato che a Foggia, sede del granaio d’Italia, il prezzo del grano non fosse all’ origine, come logica vorrebbe, ma allo stoccaggio. Un paradosso enorme che ha tagliato fuori la componente agricola con il consenso proprio di Coldiretti, Cia e Confagricoltura!
Come pure serpeggiano dubbi e mal di pancia agro-industriali sulla localizzazione della sede CUN a Foggia. Una scelta invece obbligata dalla legge che qualcuno vorrebbe driblare, all’ italiana, magari inventandosi pareri contorti. La legge è legge! Guai a toccarla!
“Le Commissioni uniche nazionali hanno sede presso una o più Borse Merci…individuate secondo criteri che tengano conto della rilevanza economica della specifica filiera…”
E invece? In occasione di un recente incontro al Mipaaf, un dirigente nazionale di Confagricoltura ha affermato: “non è scontata la transizione dal vecchio al nuovo“. Noi avevamo già detto in un comunicato stampa del 9 novembre 2016 che fare melina sulla CUN è controproducente per tutti. La Cun rappresenta il nuovo.
Il nuovo serve a tutelare la salute dei consumatori e dei produttori
Sia chiaro alle industrie italiane, e ai suoi sodali: il nuovo che avanza vuol dire definizione della qualità tossicologica del grano a tutela dei consumatori. Sul punto, una risoluzione proposta dal m5s e approvata dal governo, ha impegnato l’esecutivo ad introdurre nella CUN una griglia di valutazione della qualità sotto il profilo non solo tecnologico, ma soprattutto tossicologico. Ciò non solo a beneficio dei produttori, ma dei consumatori.
Solo così gli industriali italiani potranno finalmente convincersi della superiorità del nostro grano esente da contaminanti. Esattamente come lo chiedono ormai i consumatori: IL NOSTRO GRANO HA I NUMERI GIUSTI: ZERO CONTAMINANTI!
Se l’ Italia, invece, perderà altro tempo (l’iter ministeriale è stato avviato ad
ottobre 2016) la nostra attività di informazione potrà evolversi. E’ noto, infatti, che sono tanti i consumatori italiani all’ estero che fanno uso di pasta. Anche loro hanno diritto ad essere informati sulla salubrità del prodotto finito oltre che sulla provenienza della materia prima.
Sia chiaro, il vero autolesionismo è intossicare la gente, non informarla.
I mercati del grano e della pasta hanno urgente bisogno di più trasparenza, a tutela della salute. Del resto, in un Mercato globale…la sfida è globale!