Una questione tutta politica quella della etichettatura. Bruxelles deve decidere se permettere più protezionismo per combattere il populismo anti-UE, anche se questo danneggia il mercato unico. I canadesi in tal caso, accanto a sette altri grandi esportatori, sono già pronti ad impugnare l’ascia di guerra presso il WTO – Organizzazione mondiale del commercio.
La disputa sulla pasta rischia di mettere in discussione il futuro del mercato unico europeo. In un articolo apparso sul blog www.politico.eu si valutano gli effetti della bomba legislativa del 21 agosto scorso.
L’ etichettatura della pasta è una sfida sfacciata per i tutori del mercato interno della Commissione europea, che hanno insistito per anni sostendo che questi tipi di etichette “made in” minano il mercato unico incoraggiando i consumatori ad acquistare localmente i prodotti.
Il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker si trova, dunque, di fronte ad un dilemma strategico: permettere ai paesi membri di adottare un approccio protezionistico a sostegno delle industrie nazionali in difficoltà – come gli agricoltori di grano duro – anche se queste misure mettono in pericolo la santità del mercato unico.
Le nuove leggi varate da Roma fanno parte di un movimento crescente del continente verso una politica economica più difensiva, guidata dal presidente francese Emmanuel Macron, che vuole Bruxelles a combattere i populisti antieuropei, concedendo ai paesi più libertà di proteggere i lavoratori contro le devastazioni dei mercati liberi senza limiti. Seguendo questa logica, Juncker non dovrebbe combattere l’Italia con il tema quasi sacro del cibo, mentre gruppi come il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord cercano di fare breccia nelle elezioni generali della prossima primavera.
Le doppie norme non sono consentite
Bruxelles ha già aperto casi di infrazione verso Polonia e Bulgaria, affermando che gli stati ex comunisti sostengono ingiustamente gli agricoltori locali con restrizioni nei confronti di grossi investitori esteri e di aziende agricole.
L’ Italia tira dritto
L’ Italia è pienamente consapevole che sta lanciando una sfida alla Commissione europea, perché non ha formalmente notificato i decreti a Bruxelles sulle nuove etichette di origine, come richiede la legge. “Siamo pronti a trattare con la Commissione“, ha affermato il ministro dell’agricoltura Maurizio Martina la scorsa settimana. “L’Italia ha il diritto di proteggere i suoi consumatori e i suoi produttori“, ha aggiunto.
Nonostante questa violazione aperta alla procedura, una portavoce della Commissione ha dichiarato che Bruxelles ha bisogno di ulteriori informazioni su quanto è avvenuto prima di decidere se colpire l’Italia con una procedura di infrazione – un processo che segue quando un paese membro viola la legge dell’UE.
“Una volta acquisite tutte le informazioni pertinenti, la Commissione può decidere sui passi successivi“, ha detto.
“Il modo in cui i decreti sono stati adottati senza riguardo per le scadenze legali e le opinioni della Commissione europea rendono illegali i decreti“, ha affermato Luca Bucchini, un consulente dell’industria alimentare a Roma.
Un riepilogo di una riunione di giugno, in cui i governi hanno discusso i programmi proposti dall’Italia, dimostrano che 11 paesi “li hanno fortemente criticati“. Il documento non ha elencato i paesi membri che hanno contestato le modalità italiane, ma sembrerebbe che Francia e Germania siano contrari.
Ma mentre la mossa di Roma è insolitamente combattiva, la sua spinta per le etichette non è affatto unica. Alcuni paesi sostengono che le etichette di origine promuovono la sicurezza alimentare e aiutano ad informare i consumatori che hanno ogni diritto di conoscere…
Il precedente dell’ etichettatura del latte
Lo scorso anno Bruxelles ha permesso all’Italia – oltre a una serie di altri paesi, tra cui la Francia – di inserire etichette di origine per il latte per un periodo di prova di due anni. Tale concessione è venuta in risposta alla crisi del latte del 2016 che ha fatto precipitare i prezzi del latte.
Quella mossa ha comunque provocato qualche ostilità. Il Belgio, ad esempio, si è lamentato che il regime di etichettatura francese in materia di carni bovine e lavorate e il conseguente gastro-nazionalismo ha gravemente danneggiato la sua esportazione di latte e di carne in Francia. Le vendite belghe in Francia sono scese del 17 per cento nel 2016, rispetto al 2015.
L’Italia, comunque, vista la precedente situazione nella crisi da latte, ha anche considerato che il paese sarebbe pronto ad affrontare qualsiasi procedura di infrazione da Bruxelles. È abbastanza difficile per la Commissione dire “no” perché ha acconsentito la etichettatura nel latte. Ha detto ‘sì’ a otto paesi, tra cui l’Italia, per il latte, quindi non è chiaro perché debba dire ‘no’ per il grano solo perchè la Francia esporta grano…..
Ma l’etichettatura del grano è diversa dal latte
Le etichette previste dall’Italia sono molto più controverse del regime latte a causa delle partecipazioni significativamente più elevate e dei risvolti in ambito extra Ue. L’Italia quasi certamente causerà anche problemi all’UE sullo scambio commerciale internazionale. Il Canada, ad esempio, è il più grande esportatore mondiale di frumento duro e vende un’importante quantità per i pastifici italiani. Ottawa, accanto a sette altri grandi esportatori agricoli come gli Stati Uniti e il Brasile, ha sollevato preoccupazioni sulle etichette di pasta previste dall’Italia a marzo. Cam Dahl, responsabile della lobby dei cereali del Canada, ha dichiarato all’inizio di quest’anno che gli agricoltori spingerebbero Ottawa a sfidare Bruxelles al WTO se dovesse consentire le etichette di pasta.
Fonte: http://www.politico.eu/article/italian-pasta-labels-test-limits-of-eu-law/
PS
Noi restiamo dell’ avviso che Bruxelles consentirà all’ Italia di guadare il fiume delle prossime scadenze elettorali per non andare in contrasto aperto con l’ OMC, dopodiché il provvedimento rientrerà nei ranghi. Difficile ipotizzare una fase sperimentale come quella del latte, almeno sino a quando non saranno approvate le norme applicative del Regolamento Ue 1169/2011