L’ occasione delle prossime elezioni regionali in Sicilia è importante non per il posizionamento di Alfano o per il destino di Crocetta, nè per il dilemma di Berlusconi o del Pd. L’ appuntamento elettorale è serio perchè finalmente si può discutere del dilemma vero, quello del consumatore e di un sistema alimentare perverso in una delle Regioni più importanti d’ Italia. Specie da un punto di vista agricolo.
La maggior parte dei consumatori non conosce come funzionano i meccanismi dentro i quali tutti noi ci troviamo. E’ difficile e complicato capire come agiscono certe filiere. E quando siamo in un supermercato non sappiamo cosa scegliere perchè non abbiamo sufficienti informazioni. Sicchè comprendere che “siamo quello che mangiamo” è quanto mai necessario non solo nello stile giornaliero di consumo ma soprattutto nel programma di chi si candida a governare. A prescindere dallo schieramento.
Così l’ appuntamento elettorale della Sicilia può diventare una straordinaria occasione per inaugurare in Italia la stagione del cibo educato, che non ha bisogno di tante parole di contorno. Educato e sano. Il diritto al cibo sano è un primo passo verso quella sovranità alimentare che in tempi di globalizzazione si rende sempre più necessaria non per essere antiglobal, ma per affermare il diritto alla salute, come principio cardine del nostro ordinamento.
Cosa mangiare a pranzo, invece, è diventato difficile, sia in Sicilia che nel resto d’Italia, non solo perchè la politica ha abdicato al suo ruolo guida cedendo sovranità all’ economia e alla finanza, ma soprattutto perchè la nostra cultura in occidente sta arrivando a un punto in cui ogni antica forma di saggezza riguardo al modo di nutrirsi sembra svanita, rimpiazzata da incertezze e ansie. Le più svariate. Tant’è che la più naturale delle attività umane, come dice Michale Pollan, “scegliere cosa mangiare“, “è diventata in qualche modo un’ impresa che richiede molta consulenza“.
L’ entroterra del mezzogiorno agricolo, forse, è ancora al riparo da questi cambiamenti perchè in molte zone resistono ancora le nostre antiche tradizioni. Ma chi si preoccupa politicamente di metterle in sicurezza? Nessuno!
La cosiddetta intelligenza del nostro palato rischia di fare una brutta fine anche da noi se non saremo capaci di preservare la sua storia. La rete ci aiuta molto. Il fenomeno dei grani antichi, in diffusione al Sud, è in tal senso un esempio virtuoso ma non deve fermarsi ai confini del marketing. Sarebbe avvilente un bussiness di nicchia per pochi. Deve andare oltre. Deve aiutare tutti i consumatori a capire che noi uomini siamo gli unici in grado di concepire un cibo, di gustarlo, di salvarlo dagli “attacchi” e dalle “contaminazioni” per raccontare, in definitiva, le sue autentiche sensazioni e il suo potere nutraceutico.
Del resto, solo nell’ uomo il gusto per il cibo buono e sano si è trasformato in un’avventura intellettuale che stringe la mente al corpo, la ragione alla passione, il piacere alla necessità.
Noi italiani probabilmente non subiremo mai cambiamenti radicali come è accaduto agli americani che nel giro di pochi mesi cambiarono le loro abitudini alimentari e dopo la fobia dei grassi furono preda negli anni settanta di quella dei carboidrati, sicchè eliminarono il pane e la pasta, facendo fallire un numero incalcolabile di panetterie e pastifici.
Però, pur avendo solide tradizioni riguardo al cibo e al modo di mangiare anche le nostre abitudini oggi sono sotto attacco. Grano estero pieno di contaminanti, pomodori stranieri pieni di pesticidi, olio estero sofisticato. Cosa rischia la nostra dieta mediterranea? Possiamo definirla ancora tale?
Possibile che nei programmi elettorali nessuna forza politica si sia data degli “obiettivi alimentari a tutela della salute pubblica“? E, dunque, a tutela dell’ economia pubblica?
La dieta mediterranea può veramente diventare nel mondo globalizzato la ferrari dell’ economia del mezzogiorno! E la Sicilia in questo contesto è certamente una delle regioni più importanti. Ma le idee dove sono? È necessario allargare l’ orizzonte?
Granosalus notoriamente conduce una battaglia politica attorno alla composizione della “piramide alimentare”. Ha iniziato dal basso partendo dai cereali e ben presto potrebbe estendere la sua azione anche su altri prodotti della piramide.
Ma le forze politiche cosa pensano?
Dopo l’illuminante azione di informazione della nostra associazione, i consumatori si attendono risposte vere e non i pannicelli caldi di una finta etichettatura d’origine. Concepita per una stagione elettorale….e senza nemmeno l’ok da parte degli organi comunitari.
Le risposte vere sono nelle informazioni concrete: sull’ origine di una materia prima, ma soprattutto sulla salubrità della materia prima. Sull’ etichetta i consumatori vogliono che in un villaggio globale si possa sapere se ci sono contaminanti, quali e in che misura. I consumatori vogliono controlli seri e analisi serie ai porti e non si fidano più del finto sistema messo in piedi dal Ministero della Salute.
Insomma, vogliono lo stile Food and Drug Administration, sicchè la prevenzione e i controlli devono concretamente essere rispettati! Con pene severe per chi sbaglia. In Europa, invece, ci vantiamo di avere il principio di precauzione, che gli americani non hanno, salvo poi scoprire che in Italia siamo molto bravi a raggirarlo (glifosate docet) per non disturbare il re del grano.
Ci sono delle forze politiche in grado di mettere questi semplici punti nei loro programmi e di promettere di andare a casa se non li realizzano nei primi 100 giorni di governo regionale?
“Lo scopriremo solo vivendo“…diceva una canzone di Battisti, ma senza frasi sciocche!
Allora il nastro era rosa e mancavano le stelle.