La finta etichettatura d’origine della pasta? “Rischio boomerang per produttori e consumatori”

Il via libera dell’ Italia alla sperimentazione sull’ etichettatura d’origine delle materie prime sulle confezioni di pasta potrebbe comportare una procedura d’infrazione per l’ Italia. La Commissione Ue non si è ancora pronunciata ed il decreto  entrerà in vigore tra 180 giorni… a gennaio 2018 ovvero prima delle elezioni. Perchè forzare politicamente Bruxelles anche a rischio di una infrazione? In realtà il PD è meglio che respinga l’accordo CETA viste le minacce dei canadesi pronti a sollevare la questione al WTO

Pensiamo veramente di far uscire dalla crisi un settore attraverso periodi di etichettatura sperimentali? Che potrebbero diventare un boomerang per l’ Italia e le casse dello Stato italiano. Dunque, per le tasche dei cittadini se Bruxelles rispondesse negativamente.  O stiamo solo preparando la campagna elettorale facendo finta di forzare sulle istituzioni Ue che dimostrano di essere riluttanti?

Una norma tecnica, secondo le procedure comunitarie, deve essere assoggettata al vaglio della Commissione Ue. Se ciò non si verifica la norma non ha alcun valore applicativo. Del resto, siamo proprio sicuri che il decreto sia stato notificato agli organi della Commissione?

L’ esperienza pregressa del governo italiano cosa insegna? Già l’ ex ministro Alemanno in passato provò a presentare un decreto sull’ etichettatura che fu bocciato dalle Autorità europee.

Adesso ci riprova Martina sia per riempire di contenuti uno scarno Piano di Settore Cerealicolo (mai decollato!) sia, soprattutto, per preparare la prossima tornata elettorale. Che si annuncia evidentemente in salita. Il Ministro, vice segretario PD, e i suoi parlamentari sono perciò disposti anche a bypassare le forche caudine di Bruxelles, forzando la mano pur di esibire qualche risultato agli elettori.

Tuttavia, affermare come fa la parlamentare Colomba Mongiello che: “E’ impensabile far dipendere il destino di migliaia di aziende e di milioni di imprenditori e lavoratori agricoli dalla farraginosità delle procedure burocratiche comunitarie, che pure sono state attivate”, denota un atteggiamento anticomunitario attraverso il quale si rischia addirittura una procedura d’infrazione onerosa per i consumatori contribuenti.

Un decreto che non abbia superato il vaglio della Commissione è infatti pura carta straccia!

Se Martina vuole costruire una zattera di salvataggio elettorale, speculando su un braccio di ferro comunitario, offra almeno un’ assicurazione personale all’ Italia (insieme ai parlamentari del PD) affinchè in caso di infrazione la multa la paghino loro senza usare gli italiani come bancomat per campagne elettorali. Anche perchè i canadesi già minacciano di rivolgersi al WTO per contrasti con le regole di libero scambio.

Gli italiani però non hanno l’ anello al naso! E neppure gli agricoltori che hanno aspettato due anni per un decreto attuativo sulla CUN, che ancora non decolla e che potrebbe far chiarezza sulla qualità! E la colpa non è certo di Bruxelles…

La certificazione made in Italy di pasta e grano è la giusta risposta alla crisi del prezzo dei cereali italiani, depresso dal continuo afflusso di prodotti esteri anche di qualità inferiore al prodotto nazionale”. Ha aggiunto Colomba Mongiello che sarà anche dietista ma di mercato s’intende veramente poco.

Innanzitutto perché non ha ancora capito quali sono i marcatori del vero made Italy e poi perchè fa il tifo per i contratti di filiera anticoncorrenziali, di cui non conosce nemmeno il contenuto. E poi perché sponsorizza tali contratti attraverso finanziamenti pubblici. Attenzione! Alzare la posta da 100 a 200 euro ettaro serve solo ad imbrigliare il mercato….contro le regole sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato (occhio al de minimis!). Ma gli agricoltori liberi comunque non abboccheranno all’ amo…

La Mongiello, piuttosto (ma l’appello è rivolto a tutte le forze parlamentari) farebbe bene a non ignorare la qualità dei controlli effettuati nei porti italiani. E’ qui che la sua responsabilità politica aumenta in modo esponenziale, insieme a quella di Emiliano e di tutte le altre forze silenti. Noi che siamo un’ associazione privata abbiamo già segnalato alle autorità competenti quello che Mongiello non sa o fa finta di non sapere:

1) il Ministero della salute non specifica se il glifosate viene analizzato oppure no. Dalla lettura dell’ultimo rapporto del Ministero della Salute (Vigilanza e controllo degli alimenti – anno 2015), il glifosate è escluso dall’analisi dei pesticidi e necessita di una ricerca ad hoc.

2) Quando il grano esce sdoganato dal porto diventa grano europeo che non dovrebbe circolare liberamente se contiene glifosato: le norme italiane ed europee, infatti, vietano l’uso di glifosato in pre-raccolta e, di conseguenza, vietano anche la circolazione di camion con grano pieno di glifosato.

3) In Puglia non esistono laboratori pubblici accreditati ad analizzare questa molecola. Il che appare surreale!

A che serve allora l’ etichettatura sperimentale se  legittima miscelazioni di grano pericolose per la salute? Pur sapendo che il glifosate è presente nel grano canadese, dobbiamo mangiare pasta al glifosate sino a quando non sarà obbligatorio leggere il suo residuo in etichetta? Noi lo abbiamo dimostrato non solo attraverso le analisi della pasta (Test Granosalus) che hanno fatto tanto clamore. Adesso lo certificano pure le analisi che abbiamo realizzato su alcuni campioni di grano canadese che, pur essendo nei limiti, confermano una presenza abusiva dell’erbicida.

La Mongiello, inoltre, fa finta di non sapere che i parametri europei relativi ai limiti di DON (1750 ppb) sui cereali utili all’alimentazione umana sono quasi “doppi” rispetto a quelli imposti in Canada (1000 ppb) per gli animali. In altre parole in Europa e, quindi, anche in Italia è commestibile e può essere somministrato anche ai bambini ciò che in Canada non va bene neppure per i maiali.

Ma la Mongiello dove vive? Perchè sinora non ha intrapreso un braccio di ferro su questi argomenti ben più seri? Pensa veramente che la gente si lascerà condizionare da una finta etichettatura d’origine? O da uno spot su latte, pasta e riso pensato per traguardare le elezioni?

E’ dal 2011 che il regolamento europeo n° 1169 è alla ricerca di un’ applicazione soprattutto sull’etichetta e le informazioni. Allora se proprio dobbiamo dare informazione ai consumatori, rendiamo obbligatorio il contenuto dei contaminanti sull’ etichetta. Così capiremo chi usa veramente grano italiano oppure no. I grossi gruppi alimentari comincino ad escludere il glifosate dalle semole e la GDO cominci a prevederlo nei propri capitolati. E il ministero della Salute cominci ad obbligare le informazioni sui divieti di consumo della pasta per  adulti nei confronti dei bambini sino a tre anni. Si è già pronunciato un giudice nel merito…

Il PD inoltre non dia ascolto al Ministro Calenda che sostiene: “Per portare più pmi a internazionalizzarsi dobbiamo concludere accordi commerciali come quello con il Canada che rimuovono gli ostacoli e le barriere tariffarie”. Il PD deve respingere sia l’Accordo CETA, sia le minacce delle multinazionali canadesi.

Infine, entrando nel merito del decreto, che cosa etichetteremo il fumo? Quello che già si verifica (ovvero la miscelazione dei grani) non offre certo chiarezza sull’ origine. Ha senso certificare una miscelazione potenzialmente dannosa senza esplicitare in etichetta la presenza di grano canadese?

GRANO/PASTA: COSA PREVEDE IL DECRETO?

Il decreto grano/pasta in particolare prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
a) Paese di coltivazione del grano: nome del Paese nel quale il grano viene coltivato;

b) Paese di molitura: nome del paese in cui il grano è stato macinato.

Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.
Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.

Che cosa cambierà in termini di informazione ai consumatori? Niente!

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