Italmopa, organizzazione industriale dei mugnai, invece di spostare l’attenzione su altre materie prime (operazione un po’ grottesca!), dovrebbe spiegare con che cosa produce la semola da cui si ricavano i famosi spaghetti agli erbicidi. Usa solo grani italiani privi di glifosate o li miscela con grani stranieri arricchiti di glifosate? Adesso, nella pasta lo hanno trovato anche gli svizzeri mentre la California lo ha ritenuto cancerogeno…a prescindere dai limiti. Il Regolamento europeo e il suo decreto attuativo prevedono un divieto: è valido oppure no?
Un recente test di una televisione svizzera ha dimostrato che nella pasta Barilla, Divella e De Cecco (tutti associati Italmopa) il glifosate è presente in tracce sia pur entro i limiti di legge. Alle stesse conclusioni erano giunti i test GranoSalus e Salvagente. Solo che nei confronti di GranoSalus i predetti industriali, soci anche in Aidepi (secondo braccio confindustriale), si erano rivolti al Tribunale di Roma per rimuovere il test dalla rete. Ma l’ esito è stato negativo.
Già ad Aprile 2016 la Radiotelevisione Svizzera aveva analizzato le urine di 40 volontari come ha fatto quest’ anno l’ Associazione A Sud – i cui esiti sono stati divulgati dalla Rivista Il Salvagente – che a Roma ha trovato tracce di glifosate nelle urine di 14 mamme in gravidanza.
Ciò avviene proprio mentre in California, patria del Glisfosate, questa sostanza, a partire dal 7 luglio, verrà inserita nella lista dei prodotti cancerogeni . Non più probabile cancerogeno, ma cancerogeno. Una scelta maturata dopo una vertenza tra lo Stato californiano e la Monsanto, che ha visto soccombere la multinazionale in un Tribunale della civilissima California dove il diritto alla salute dei cittadini è al primo posto. Del resto, l’ufficio di valutazione dei rischi per la salute e l’ambiente (Office of environmental health hazard assessment, Oehha) dello Stato americano ha confermato quanto sostenuto dallo IARC (International Agency for Research on Cancer) che fa capo all’ Organizzazione mondiale della sanità.
Di fronte a un simile scenario, come fa a stare tranquilla la principale organizzazione confindustriale dei mugnai? La psicosi glifosate forse non riguarda loro, ma di certo preoccupa milioni di consumatori e tanti bambini che in Argentina hanno subito danni ingenti!
I consumatori italiani, peraltro, si aspettano ancora una risposta sulla gigantesca nave canadese dissequestrata al porto di Bari (CMB Partner) grazie ad analisi che – secondo Italmopa – “non erano accreditate” perciò legalmente non valide.
Sorge allora spontanea una domanda. Come faceva Italmopa a sapere del laboratorio non accreditato se i due importatori della nave non sono mugnai ma commercianti di grano? Resta il dubbio!
E se Italmopa avesse un accesso particolare a queste notizie riservate perché non dice ai consumatori italiani quali erano i livelli di DON, Glifosate e Cadmio riscontrati dal CTU della Procura nel laboratorio foggiano ubicato presso il consorzio ASI (Ex Corial Barilla)?
Del resto, se il glifosate è presente in tutti i test sulla pasta realizzati da vari enti privati, compresa la nostra associazione, vuol dire che è presente nel grano, dunque, è lecito dubitare della sua presenza nel “grano importato“, giacchè quello italiano, in particolare nel mezzogiorno, non ne contiene nessuna traccia. E il Tribunale di Roma ha ritenuto, peraltro, legittimo tale dubbio alla luce delle evidenze scientifiche ed agronomiche.
Tuttavia, la più importante associazione di industriali se ha a cuore la salute dei consumatori, in particolare dei bambini, non può far finta di ignorare i divieti imposti dall’ Unione europea e dal Ministero della Salute sull’ uso del glifosate al momento della raccolta. E’ da oltre dieci mesi che esiste un divieto, ma le navi extracomunitarie di provenienza dal Canada, dove tale modalità d’uso è consentita in pre raccolta per uccidere il grano, per quanto consta alla nostra Associazione, sembra non rispettino i nostri divieti. E Italmopa allora perché mantiene il silenzio sul divieto? E’ favorevole o contraria alla presenza di glifosate nel grano, nella semola e nella pasta che consumiamo tutti i giorni?
Qui non si tratta di stabilire il rispetto di valori ben al di sotto delle Dosi Giornaliere Raccomandate che una persona potrebbe ingerire tutti i giorni della sua vita senza nessun effetto sulla sua salute. Si tratta di stabilire se Italmopa riconosce il divieto oppure no? Se lo riconosce allora il limite è zero e non deve esserci alcun residuo né nella semola, né dentro la pasta!
Noi non vogliamo demonizzare nessuna importazione, né aggredire in modo ingiustificato alcuna categoria, ma solo salvaguardare il diritto all’ informazione e alla salute dei consumatori. E’ lecito farlo? La risposta secondo il Tribunale di Roma è sì.
La psicosi, quindi, nasce proprio da questi paradossi normativi che Italmopa ignora, salvo qualche intoppo nel mercato dovuto al fatto che i consumatori non hanno più l’anello al naso…