L’assessore all’ Agricoltura della Regione Basilicata, Luca Braia, ha invitato il Ministro Martina a Matera perché 183 nuovi giovani imprenditori intendono insediarsi in agricoltura. Che dire? Una bella notizia! Noi siamo felici che i giovani si insedino nella terra, loro sono i futuri custodi dell’attività più bella che possa esserci. Ma la preoccupazione è un’altra. Ha senso una politica tesa a premiare chi si insedia senza nessun tipo di tutela successiva? Che futuro regaliamo ai nostri giovani con questa Europa matrigna, la cui politica agricola viene decisa da poche multinazionali?
Senza una operazione verità rischiamo di pregiudicare il futuro di tanti giovani e di raccontare loro un’ altra storia.
Qualcuno, invece, dovrà pur dire al Ministro che nella città dei Sassi dopo oltre un secolo di storia, si è chiusa di colpo la filiera della Pasta, l’alimento base della nostra amata dieta mediterranea. Un fenomeno analogo a quello della Sicilia dove hanno chiuso 175 pastifici! Certo a Matera ce n’erano un po’ meno, ma la Pasta di Matera aveva una sua fama nazionale con marchi prestigiosi come Alvino (1884), Padula, Andrisani, Diva, Quinto e Manfredi, Cerere e tanti altri.
Oggi di questi marchi c’è solo un ricordo sbiadito, un insieme di ricorrenze, mostre e celebrazioni per un’attività di trasformazione crollata nel tempo sotto i colpi selvaggi del mercato e di concentrazioni dei marchi nelle mani di pochi grossi gruppi industriali, che hanno indebolito il settore fino a farlo scomparire. Cinque gruppi controllano oggi in Italia oltre il 65% del mercato!
Nel 1986 fu ceduto il marchio Padula rilevato con lo stabilimento di via Cererie dal colosso Barilla. Di quella esperienza rimangono solo delusioni e macerie. E mentre prima la pasta aveva un profumo, un sapore, oggi è diventata plastica pericolosa!
Tuttavia, rimane ancora intatta la produzione primaria di grano. Il formidabile grano che tutti ci invidiano perché privo di contaminanti. Una produzione pregiata che trova il suo fulcro proprio nelle caratteristiche pedoclimatiche, che non possono essere trasferite altrove e che rappresentano il vero vantaggio competitivo di un made in Italy autentico, non annacquato dagli egoismi industriali. Una volta il cavalier Divella veniva proprio in provincia di Matera a prendere il Grano Salus, uno dei migliori, come lui stesso ci ha raccontato. Oggi è il primo acquirente di grano canadese, insieme ai suoi colleghi, e preferisce fornirsi a Bari.
Nel 2016 nei porti pugliesi è stata scaricata una quantità impressionante di grano estero di qualità al 77% medio-bassa, secondo i nuovi codici Taric forniti dal l’Agenzia delle Dogane.
Certo se l’Italia si fosse dotata di un vero Piano di Settore, senza tenerlo fermo nei cassetti del ministero, oggi forse avremmo una maggiore produzione domestica e la situazione precaria in cui versano i produttori del Sud – sotto la scure di una speculazione altrettanto selvaggia quanto impunita – sarebbe stata diversa, migliore. Ma i Piani in Italia si elaborano ad uso e consumo dei grossi gruppi agroindustriali. Ad esempio, se la Commissione unica di mercato preposta alla previsione dei prezzi all’origine fosse stata avviata nel 2009 e non oggi, forse la trasparenza del mercato sarebbe stata non un miraggio ma una realtà.
Spiace dover registrare che per ottenere prove documentali relative alla formazione dei prezzi del grano bisogna ricorrere alla giustizia amministrativa. La nostra associazione ha dovuto presentare due ricorsi al TAR per far luce sul corretto funzionamento dell’ Ufficio prezzi di Foggia e del suo organismo tecnico consultivo.
Ecco caro Ministro, il Sud è un giacimento d’oro per la produzione di grano, ma fa appetito a molti speculatori! Lei sa bene che la dinamica internazionale dei prezzi è stata, ed è tuttora, divergente da quella nazionale. Così il valore aggiunto viene scippato ad un mondo agricolo, che nessuno tutela – se non per finta – e i danni si ripercuotono sulla salute dei consumatori, costretti a mangiare cibi di dubbia provenienza e dubbia sicurezza!
L’ eldorado della salute pubblica (il grano salus) parte dalla Capitanata e si estende sino all’entroterra della Trinacria, ma i recenti accordi CETA con il Canada e DCFTA con l’Ucraina rischiano di cancellare definitivamente il futuro di un settore che affonda le sue radici nella storia millenaria.
Un rischio che noi produttori e consumatori di GranoSalus vogliamo scongiurare esaltando la qualità della materia prima, che viene prima di tutto: prima delle lobby industriali, prima di un profitto esasperato, prima dei contratti di filiera (ultima invenzione anticompetitiva dell’industria di trasformazione).
La comunità del GranoSalus tiene alla salute dei prori figli, più di quanto i canadesi ci tengano a quella dei loro maiali. Basta con le ricette iperproteiche!
La nuova frontiera dell’ economia sta nella capacità di essere sostenibile a tutela della salute, dell’ ambiente, per una vera responsabilità sociale ed etica. E’ questo il corso della nuova politica che chiede a gran voce il paese. Stop al primato dell’ economia sulla politica.
La tutela della salute e dei nostri figli, caro ministro, passa proprio dalla qualità del grano, ingrediente primario della pasta, del pane, dei biscotti e di tutti i derivati dei cereali di cui ci cibiamo quotidianamente. E dalle politiche alimentari e agricole connesse.
Matera vanta una lunga storia industriale legata alla farina e alla pasta, un vero e proprio distretto che per lungo tempo ha trainato l’economia materana.
La filiera agroalimentare in una città come Matera, promossa capitale europea della cultura e meta avanzata del turismo lucano nel mondo, dovrebbe ridiventare una priorità strategica per l’Italia.
E’ necessario, dunque, voltare pagina e imprimere una svolta alla storia industriale di questa bellissima città e dell’ intero mezzogiorno. «La presenza del gruppo Barilla è stata breve e per alcuni aspetti deleteria – si legge in un ordine del giorno di alcuni consiglieri comunali del 2015 – Il primo gennaio del 2006, dopo una lunga e travagliata vertenza, il pastificio cessò la produzione, i macchinari furono trasferiti altrove e i fratelli Tandoi, ovviamente con contropartite non di poco conto, come la cessione delle aree e dei volumi dello stabilimento in via Cererie, presero in carico alcuni lavoratori impiegandoli nello stabilimento dell’ex Cerere (zona industriale di La Martella) nel frattempo transitato tra i beni della società pugliese. Anche questa esperienza è stata breve, grigia e indecifrabile. Lo stabilimento non è mai decollato, il progetto industriale, annunciato come quello che avrebbe rilanciato i marchi della pasta materana, non è mai nato e la crisi è stata presente sin dall’inizio con una evoluzione tragica che oggi si evidenzia con lo stabilimento fermo da mesi e con soli 12 operai che non percepiscono il salario da mesi e non sanno più cosa sono se ancora dipendenti, se cassa integrazione o se licenziati. Siamo alla fine di una storia nel silenzio di una città e di una regione».
Caro Ministro, la pasta ed il pane rappresentano uno dei simboli dell’ agricoltura del mezzogiorno e della dieta mediterranea, ma senza una chiara regolamentazione del mercato e un abbassamento delle soglie di contaminanti in ambito Ue, diventa molto difficile offrire ai consumatori prodotti salubri. Il solo marketing non basta…nemmeno ad incantare i nostri agricoltori.
Anzi, qualsiasi cosa possa colpire i nostri agricoltori ( e i nostri consumatori ) noi non la vogliamo!
Ps. Avremmo voluto che fosse stato Lei a pronunciare questa ultima frase e non il Ministro dell’Agricoltura canadese Lawrence MacAulay…