Accordo Ue-Canada

CETA, ok dal Parlamento Europeo: impatto per nostra agricoltura

Dopo il naufragio del trattato con gli Stati Uniti, è stato approvato l’ unico accordo commerciale di libero scambio tra Ue (500 milioni di persone) e Canada (30 milioni di persone), che fungerà da cavallo di Troia per le multinazionali americane.

Questo significa che l’Europa (e soprattutto l’Italia) sarà letteralmente invasa dal grano duro canadese, più di quanto lo è stata sino ad oggi!

Anche se dovrà essere ratificato dal parlamento di ciascuno stato membro, con ulteriori votazioni nazionali, l’ accordo entrerà in vigore già da aprile, almeno nelle sue parti fondamentali.

Non tutti però concordano sul fatto che il CETA sia un accordo positivo.

L’opposizione a questo trattato ha raccolto in pochi mesi 3,5 milioni di firme da vari cittadini europei! Ed oggi tantissima gente ha protestato fuori dal Parlamento europeo.

Molti gruppi politici all’ interno del Parlamento hanno contrastato l’accordo. Da Le Pen a Salvini, dal Movimento 5 Stelle all’UKIP,  sono nettamente contrari, così come lo sono il gruppo Sinistra Unitaria Europea e persino alcuni parlamentari dei Socialisti e Democratici.

Marine Le Pen, leader del partito francese di estrema destra del Front National, nel suo discorso ha detto che l’approvazione del CETA «distruggerà centinaia di migliaia di posti di lavoro in Europa» e che i negoziati sono stati «occultati con cura a tutti i cittadini». Sulla stessa lunghezza d’onda sono stati anche gli interventi dell’eurodeputata del Movimento 5 Stelle Tiziana Beghin – che ha definito il CETA «un colpo di stato silenzioso» – e del leader della Lega Nord.

Uno degli effetti principali dell’ accordo sarà l’eliminazione della gran parte delle tariffe doganali tra Unione Europea e Canada, ma il trattato contiene anche molte altre disposizioni.

L’accordo prevede anche la tutela del marchio di alcuni prodotti agricoli e alimentari tipici, una clausola fortemente richiesta dagli agricoltori europei (è stata una delle parti più lunghe e difficili del negoziato).

In realtà, siamo di fronte ad una misura volta a promuovere, sostenere, difendere e affermare esclusivamente gli interessi della grande industria e degli speculatori finanziari, a scapito sia dei cittadini che dei piccoli produttori. In particolare quelli agricoli.

“Oggi in Europa – afferma Carlo Petrini – ci sono circa 1300 prodotti alimentari a indicazione geografica, 2800 vini e 330 distillati. Di tutti questi, il CETA così com’è scritto ne tutelerebbe 173. Questo significa che denominazioni di origine che siamo abituati a considerare indicative di prodotti con un forte legame con un territorio e con una tecnica produttiva tradizionale e consolidata potrebbero essere tranquillamente imitati oltre oceano, senza essere passibili di alcuna sanzione”.

Una parte molto controversa del trattato ha riguardato gli ISDS, “Investor-state dispute settlement”, o, in italiano, clausole per la “Risoluzione delle controversie tra investitore e stato”. Si tratta di alcune clausole che consentono di fare causa a uno stato davanti a un arbitrato internazionale nel caso in cui un investitore ritenga di essere stato ingiustamente danneggiato.

Un esempio sul grano? I produttori di grano duro della Puglia, della Sicilia, della Basilicata e di tutte le altre Regioni del Mezzogiorno d’Italia saranno travolti da un prodotto di pessima qualità (il grano duro canadese coltivato nelle zone umide e fredde di questo Paese ha un livello di scorta elevato). E se per esempio l’Italia dovesse bloccare le navi in arrivo dal Canada pieno di micotossine o di Glifosate, mettendo in atto il suo divieto, le multinazionali canadesi potrebbero far causa allo Stato italiano.

Un altro esempio? Scrive sempre Petrini: “La carne europea ha standard di produzione decisamente più stringenti di quella nordamericana: gli ormoni per accelerare la crescita non sono ammessi, le carcasse non possono essere trattate con il cloro, sono richiesti standard di benessere animale e di dimensione delle fattorie. Questo fa sì che fino ad ora, grazie anche a politiche di protezione daziaria, nonostante la carne di maiale canadese costasse meno della metà di quella europea, il mercato interno potesse sopravvivere. Il CETA non liberalizzerebbe (almeno per il momento) le tecniche produttive, ma toglierebbe tutti i dazi sulle importazioni di carne. Considerando che le dimensioni medie di una fattoria di maiali in Canada sono di 2000 capi e quelle europee di meno di 500, che cosa stiamo chiedendo ai nostri allevatori per competere? Di contrarre i costi in termini di qualità e remunerazione del lavoro, benessere animale, concentrazione della filiera. C’è futuro per i piccoli in questa giostra? Io credo proprio di no”.

Ancora scrive Petrini: “La produzione di latte in Europa è afflitta da anni da sovrapproduzione e prezzi vergognosamente troppo bassi. Il Canada invece è riuscito fino ad ora a mantenere livelli remunerativi soddisfacenti. Il CETA aprirebbe il mercato canadese ai prodotti lattiero-caseari europei provocando una caduta dei prezzi oltreoceano e di conseguenza le condizioni di vita degli allevatori. Il discorso è lo stesso dunque: invece di migliorare le condizioni di chi sta peggio si innesca una guerra al ribasso che porta al baratro chi produce bene. Queste misure fanno esclusivamente il gioco della grande industria e della speculazione finanziaria, che peraltro potrà anche citare in giudizio e chiedere i danni a quei governi che attraverso misure legislative come l’imposizione di standard ambientali o produttivi più stringenti, minassero la libertà di azione delle multinazionali. E’ questo il futuro che stiamo prospettando per l’agricoltura?”

Gli accordi internazionali di libero scambio non funzionano e non sono utili se non servono a incrementare gli standard di produzione (ambientali e sociali) e a tutelare gli interessi e la salute dei più deboli.

Per contrastare il cavallo di Troia entrato in Europa, c’è però un antidoto: informare i consumatori sulla qualità tossicologica delle derrate alimentari. Almeno questo aspetto non sarà negoziabile con nessuno!

La funzione regolatrice e di indirizzo che doveva essere prerogativa dei governi, sarà svolta dalle associazioni…

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