In data 26 Agosto 2016, Isabella Adinolfi (EFDD) aveva inoltrato alla Commissione interrogazione con richiesta di risposta scritta (E-009055/2016) ai sensi dell’Articolo 130 del regolamento. La risposta è arrivata dopo cinque mesi e si commenta da sola.
Oggetto dell’interrogazione: “Tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari”.
Scriveva la parlamentare:
“La problematica inerente alle importazioni di grano da Paesi extra europei diverrà ancora più grave in seguito all’accordo di libero scambio con il Canada”.
Il riferimento era al CETA, l’accordo commerciale sul quale il Parlamento Europeo si dovrà pronunciare entro questo mese. Oltre che fare riferimento al CETA, l’interrogazione faceva riferimento al grano duro canadese che viene importato in Europa.
“Le tutele, per l’economia e per la salute, anche in vista dell’aumento delle importazioni – scriveva la parlamentare – risultano inefficaci o perfettibili. Il regolamento (CE) n. 1881/2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari, di fatto, poco tutela la salute dei cittadini europei, in particolar modo di quelli italiani. In particolare, le percentuali ammissibili di micotossine nei cereali sono calcolate su una media europea di appena 5 kg di consumo pro capite, che per Paesi come l’Italia risulta inadeguata, poiché il consumo medio si attesta a 27 kg e in alcune zone della penisola va ben oltre questo valore”.
Insomma, diceva la parlamentare al Governo dell’Unione Europea: guardate che nel Sud Italia state avvelenando le persone. Perché da quelle parti i cittadini, per tradizione, mangiano ogni anno oltre 27 kg di pasta. Lo capite o no che con i valori di micotossina DON che avete fissato milioni di persone introitano, nel proprio organismo, un quantitativo di micotossine DON cinque-sei volte superiore alla media che voi avete fissato?
Da qui la domanda che la parlamentare rivolgeva alla Commissione Europea:
“Al fine di tutelare il diritto alla salute dei cittadini italiani, non ritiene la Commissione di dover proporre una modifica del suddetto regolamento, definendo in maniera più obiettiva i limiti massimi dei contaminanti ammessi nei prodotti alimentari?”.
Risposta della Commissione Ue del 25.01.2017
Incredibile la risposta di Vytenis Povilas Andriukaitis (che nella vita, in Lutiania, svolge l’attività di medico cardiologo), Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare.
“Gli accordi di libero scambio non incidono sul livello massimo di contaminanti poiché qualsiasi alimento e mangime importato nell’UE deve rispettare la legislazione dell’UE in materia di sicurezza alimentare e quindi il livello massimo di contaminanti stabilito a livello di UE. I livelli massimi previsti nel regolamento (CE) n. 1881/2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari sono fissati tenendo conto delle conclusioni dei pareri scientifici adottati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA)”.
“Dalla fine del 2010 – prosegue il Commissario europeo – è operativa la banca dati particolareggiati sui consumi alimentari in Europa (banca dati particolareggiati) dell’EFSA e viene usata per tutte le stime di esposizione nell’ambito dei pareri scientifici dell’EFSA sui contaminanti negli alimenti. La banca dati particolareggiati presenta una compilazione delle informazioni disponibili a livello nazionale sul consumo alimentare individuale ripartito per le diverse fasce d’età (lattanti, bambini in tenera età, bambini, adolescenti, adulti, anziani e molto anziani)”.
“Per tutelare la salute pubblica nell’intera Unione Europea – dice sempre il Commissario Andriukaitis – si calcolano sempre stime di esposizione per le diverse fasce d’età a livello degli Stati membri. Le stime dell’esposizione alimentare sono prodotte tenendo conto del consumo di tutti gli alimenti e di tutte le persone coinvolte in ciascuna indagine sull’alimentazione. Le metodologie di valutazione dell’esposizione alle sostanze chimiche attraverso l’alimentazione tengono sempre conto dei soggetti atipici ed in particolare di coloro che consumano quantità relativamente grandi di alimenti contenenti concentrazioni elevate di sostanze che possono determinare un rischio per la salute”.
“Pertanto – conclude il Commissario europeo – i livelli massimi stabiliti nel regolamento (CE) n.1881/2006 garantiscono un livello elevato di protezione della salute umana anche per i cittadini che consumano determinati alimenti in quantità sensibilmente superiori alla media dell’UE”.
Come potete notare, nemmeno davanti all’evidenza l’Unione Europea si smuove di un millimetro: “I livelli massimi stabiliti nel regolamento (CE) n.1881/2006 garantiscono un livello elevato di protezione della salute umana anche per i cittadini che consumano determinati alimenti in quantità sensibilmente superiori alla media dell’UE”.
La risposta di questo Commissario europeo è l’anticipazione di quello che potrebbe succedere alla fine di questo mese a Strasburgo, quando il Parlamento europeo si dovrà pronunciare sul CETA. Già il 24 gennaio scorso la Commissione INTA (International Trade) del Parlamento europeo ha espresso parere favorevole al CETA (sigla che sta per Comprehensive Economic and Trade Agreement tra Unione Europea e Canada).