GranoSalus: “Basiti dall’attacco della Cia. Vogliamo incontro pubblico”

La battaglia avviata da GranoSalus – l’associazione che raccoglie produttori di grano duro delle Regioni del Sud Italia e consumatori – entra nel vivo e già si cominciano ad avvertire i primi contraccolpi.

 

Alcuni giorni fa abbiamo dato notizia dei primi dati raccolti dall’associazione in seguito all’accesso agli atti presso l’ Agenzia delle Dogane sul grano estero arrivato sui porti della Puglia. Lo ha dichiarato Saverio De Bonis, presidente dell’ Associazione GranoSalus.

I risultati – fa notare l’ associazione – attestano che oltre il 40% del prodotto importato non è esattamente di alta qualità. Una brutta notizia non solo per gli ignari consumatori che, grazie a GranoSalus, cominciano ad essere più informati, ma anche per qualche associazione di categoria, sinora rifugiata nel comodo silenzio.

Forse comincia ad aprirsi il vaso di Pandora – sottolinea il presidente – non ci aspettavamo che proprio la CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) attaccasse l’associazione GranoSalus. Alcuni articoli pubblicati da alcuni organi di informazione della Puglia, dopo la diffusione dei primi dati della nostra l’associazione, ci hanno infatti letteralmente basiti. Ma come la Cia pugliese ritiene che il tema dei contaminanti sia poco rilevante? E che dire del grano ucraino scaricato a Manfredonia con problemi di contaminazione di vecchia memoria? Come mai la Cia non ha proferito parola sull’ uso di un porto inagibile dove si scarica grano senza controlli?

Noi siamo disponibili ad un confronto pubblico con il direttore provinciale di Foggia, che non ama firmare i suoi articoli, ma è evidente – aggiunge De Bonis – che questa associazione si sente scavalcata, in un’attività che dovrebbe vederla invece impegnata a spada tratta a difendere i produttori e i consumatori pugliesi e italiani.

Un conto – conclude – è fare a gara tra chi informa di più come facciamo noi a tutela dei consumatori. Un conto è fare il gioco del silenzio, quel silenzio omertoso che è diventato uno sport a cui non solo la Cia si è abituata, ma anche altre associazioni autoreferenziali e burocratiche.

 

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