La UE che, per i veleni contenuti nei derivati dai cereali, fissa limiti che danneggiano la salute degli italiani. Il Ministero della Salute che non vede, non sente, non parla. I mancati controlli sui grani esteri pieni di micotossine e glifosato che arrivano nei porti italiani. Così sulle nostre tavole finiscono pasta, pane, pizze, biscotti pieni di sostanze al veleno. E il grano duro di Puglia, Sicilia e Basilicata, tra i migliori del mondo, va a farsi benedire. C’è un modo per venirne fuori? Sì. Ce ne parla in questa intervista il leader di GranoSalus, Saverio De Bonis. Che ci racconta la rivoluzione dal basso del Sud Italia contro le multinazionali.
Pensavamo fosse pugliese. Ma Saverio De Bonis precisa: “Lucano, sono lucano”, ci dice. La Lucania era un antico distretto dell’Italia meridionale, che si estendeva dal mar Tirreno fino al golfo di Taranto. Oggi per Lucania s’intende la Basilicata. Ma non è per parlare della storia della sua terra che abbiamo fatto una chiacchierata con questo personaggio. Parliamo di un produttore di grano duro che, partendo dalla sua regione, ha creato un movimento – GranoSalus – che oggi associa migliaia di produttori di grano duro di tutto il Mezzogiorno d’Italia.
Insomma, da qualche tempo Saverio De Bonis è diventato il punto di riferimento di tanti agricoltori del Sud del nostro Paese massacrati dalla globalizzazione. Nei giorni scorsi il numero uno di GranoSalus è venuto in Sicilia, a Mussomeli, per incontrare un gran numero di agricoltori della nostra Isola. Un incontro per ribadire la sua proposta: avviare una serie di controlli a tappeto su tutti i prodotti derivati dai cereali: pasta, pane, pizze, dolci e via continuando.
Perché questi controlli? Semplice: perché chi oggi controlla i mercati internazionali di cereali ha deciso di fare fuori tutti i produttori di grano duro del Sud Europa, Italia in testa. Così il prezzo di grano duro, quest’anno, è stato fatto sprofondare a 14-16 centesimi al chilogrammo. Tenete conto che un produttore di grano duro, vedendo il proprio prodotto a 24 centesimi al chilogrammo riesce, bene o male, a sbarcare il lunario. Vendendolo a 14-16 centesimi lavora per perdere soldi!
Non ci vuole molto a capire che questa è tutta una manovra internazionale per mandare sul lastrico i produttori di grano duro italiani. Che poi, per i due terzi, sono produttori di grano duro del Sud Italia, perché i due terzi di questo cereale si produce nel Sud del nostro Paese, e segnatamente in Puglia, in Sicilia e in Basilicata.
Distruggere il grano duro italiano significa dare ancora più spazio ai grani duri prodotti in Canada, che da anni invadono i mercati di tutto il mondo.
Contrariamente a quello che hanno cercato di farci credere, i grani duri canadesi non sono i migliori del mondo. Contengono, sì, un’alta percentuale di glutine (sostanza proteica che conferisce alla pasta la tenuta durante la cottura), ma contengono anche un’alta percentuali di sostanze che sono veri e propri veleni per il nostro organismo, a cominciare dal glifosato (o glifosate), una sostanza chimica utilizzata come diserbante.
I canadesi non usano il glifosato come diserbante, ma come sostanza per far maturare artificialmente il grano duro. Per questo motivo il grano duro canadese è pieno di glifosato, sostanza chimica dannosa per la salute umana.
Tutto questo, ovviamente, viene nascosto ai consumatori italiani. Che mangiano pasta, pane, pizze, biscotti e altri prodotti derivati dai cereali senza sapere che cosa finisce sulle loro tavole. Grazie alla globalizzazione i produttori di grano duro italiani sono in crisi e gli italiani mangiano prodotti fatti con il grano duro canadese pieno di glifosato.
Avviando i già citati controlli su tutti i derivati dei cereali, e quindi su pasta, pane, pizze, dolci e via proseguendo – controlli che verranno effettuati a cura dei produttori di grano duro associati a GranoSalus – gli italiani conosceranno quello che arriva sulle loro tavole, perché i risultati dei controlli verranno diffusi sulla rete in un portale.
“L’idea di fondo – ci dice De Bonis – è ribaltare i metodi per la tutela della salute. Noi facciamo parte dell’Unione Europea. Ma i controlli disposti da Bruxelles non sono i migliori. Anzi. Faccio solo un esempio: l’Unione Europea parte dal presupposto che il consumo pro capite di pasta sia pari a circa 5 chilogrammi all’anno. Il consumo medio europeo è questo. Ma in Italia il consumo di pasta pro capite è più alto: circa 27 chilogrammi all’anno. Se poi andiamo dalle nostre parti, al Sud del nostro Paese, il consumo pro capite annuo è ancora più elevato”.
Sta dicendo che in Italia, e soprattutto nel Sud Italia, l’Unione Europea consente alle multinazionali che controllano il mercato dei cereali di farci mangiare cibi che contengono residui cinque volte superiori a alle quantità previste dalle normative comunitarie?
“Non lo dico io: è nei fatti. L’Unione Europea ha stabilito che un uomo può ingerire, senza subire danni, i residui di micotossine contenuti in 5 chilogrammi di pasta all’anno. Ma se, come avviene nel Sud d’Italia, una persona consuma ogni anno un quantitativo di pasta cinque volte superiore va ben oltre i limiti previsti dalla stessa Unione Europea. La verità è che i limiti di queste sostanze tossiche, per l’Italia, alla luce del grande consumo di derivati dal grano, dovrebbero essere pari a zero”.
Ma queste cose il Governo nazionale le sa?
“Certo che le sa. A Roma sanno tutto. Il Ministero della Salute del nostro Paese, alla luce di tutto quello che sta succedendo con i cereali e con i suoi derivati, dovrebbe chiedere l’applicazione urgente del principio di precauzione. Perché la presenza di questi grani avvelenati sta causando problemi crescenti alla salute di tantissimi italiani. Penso alle intolleranza, ma anche a patologie più gravi”.
Parliamo dei grani che arrivano con le navi?
“Esatto. I controlli sul grano che arriva con queste navi, nel nostro Paese, riguarda, sì e no, il 4-5 per cento di questo prodotto. Il resto entra nel mercato e finisce sulle nostre tavole sotto forma di pane, pasta, pizze, biscotti e via continuando. E’ incredibile, ma è così. Tutto questo perché le industrie debbono utilizzare questi grani pessimi, se non avvelenati, perché costano meno”.
Insomma, mettono a rischio la salute di milioni di italiani perché debbono fare profitti?
“Esattamente. Tutto per la logica del profitto”.
L’Unione Europea non ci difende. Il Governo nazionale nemmeno. Lo sa che, qualche anno fa, in Sicilia, un dirigente generale della Regione ha provato a fare controllare i grani che arrivano con le navi ed è stato destituito dal Governo regionale?
“Lo so. Conosco anche questa storia incredibile”.
Come ci possiamo difendere?
“Con l’informazione. Informando i consumatori del nostro Paese. Se l’Europa non si preoccupa della salute di milioni di italiani, beh, ce ne occupiamo noi agricoltori. Saremo noi a informare gli italiani. Faremo i controlli su tutti i derivati dei cereali e li pubblicheremo sulla rete”.
Chi effettuerà questi controlli?
“Organismi indipendenti. La trasparenza sarà assoluta. Dopo di che, saranno i consumatori, una volta informati, a decidere cosa mangiare e cosa non mangiare. Sulla base di dati oggettivi. Se da questo verrà fuori una nuova consapevolezza, da parte dei cittadini-consumatori, vorrà dire che avremo raggiunto il nostro obiettivo”.
Un processo virtuoso, a partire dal basso.
“Per l’appunto. Prima ci abbiamo provato dall’alto. Abbiamo provato a spiegare agli uffici dell’Unione Europea che i limiti posti dalle normative comunitarie sulle sostanze dannose per la salute dell’uomo presenti nei cereali non vanno bene per l’Italia e, soprattutto, per il Sud Italia. Ma non ci hanno ascoltato. Così abbiamo deciso di cambiare strategia: adesso informeremo i consumatori del nostro Paese a partire dal basso”.
Tutto questo dovrebbe portare a una valorizzazione del grano duro prodotto nel Sud Italia, che, sotto il profilo qualitativo, è uno dei migliori del mondo, ma che viene massacrato dalla globalizzazione dell’economia…
“La nostra sfida è questa. Nel Sud Italia il grano duro prodotto, grazie al nostro sole, è privo di micotossine, di funghi, di glifosato e di altre sostanze dannose per la salute umana. Teniamo conto che ci sono anche grani che contengono metalli pesanti e persino sostanze radioattive. Tutte cose che la cerealicoltura del Mezzogiorno d’Italia non conosce. Bene: perché non sfruttare ciò che la natura ci ha dato? Il grano duro del Sud è prodotto naturalmente. Valorizziamolo. Cosa, questa, che avrebbe ricadute positive sull’economia e anche sulla spesa sanitaria”.
Nel senso che la spesa per la sanità si ridurrebbe?
“Certo. Meno malattie, minore spesa sanitaria. Ricordo che viviamo purtroppo un momento storico difficile, per non dire drammatico. L’attuale Governo nazionale ha ridotto e vuole continuare a ridurre la spesa per la sanità pubblica. Valorizzando la nostra granicoltura, gli italiani non mangeranno più pane, pasta, pizze e via continuando pieni di veleni. Con ricadute positive sulla salute pubblica e con un contestuale risparmio dei fondi da impiegare nella sanità”.
La vostra rivoluzione dal basso sarà fumo negli occhi per le multinazionali che fatturano miliardi con pesticidi, erbicidi e grani pieni di micotossine e di altri veleni.
“Non abbiamo l’anello al naso. Anche il Governo nazionale, prima o poi, si dovrà dare una mossa. I Ministri della salute dovranno scegliere: o difendere realmente i cittadini, o fare i camerieri alle multinazionali. Faccio un altro esempio: il Deossinivalenolo, una tra le più pericolose micotossine che mette a repentaglio il nostro sistema immunitario. Ebbene, i limiti sono fissati per gli adulti a 750 ppb (parti per bilione). Per i bambini, invece, il limite europeo è di 200 ppb. Siccome non c’è informazione ai bambini vengono dati cibi con limiti di 750 ppb. E questo è vergognoso”.
A quali cibi facciamo riferimento, in questo caso?
“In questo caso facciamo riferimento alla pasta. Naturalmente a contenere questo veleno è la pasta prodotta con i grani che arrivano con le navi. Mentre la pasta fatta con i grani del Mezzogiorno d’Italia è totalmente priva di questa micotossina”.
A proposito di rivoluzione e di Sud: la vostra rivoluzione dal basso riguarda il Mezzogiorno d’Italia oggi massacrato dalle scelte economiche e politiche dall’Unione Europea e del Governo nazionale. Oggi, nel Sud Italia, si torna a parlare di indipendenza. C’è un legame tra la vostra rivoluzione dal basso e il risveglio del Sud?
“Noi siamo agricoltori. E tali vogliamo restare. Detto questo, non possiamo non notare che le battaglie che stiamo conducendo trovano grande ascolto tra personaggi e libera informazione del Sud. Penso allo scrittore Pino Aprile, al blog I Nuovi Vespri della Sicilia e adesso anche a voi di Time Sicilia, oltre ad altri movimenti del Mezzogiorno. Andremo verso questa direzione? Chissà. Intanto proseguiamo con la nostra rivoluzione dal basso. Forti di una certezza”.
Ovvero?
“La certezza che il tallone di Achille delle multinazionali è rappresentato dai consumatori informati. Le multinazionali si comprano Governi e Parlamenti. Ma se i cittadini sono informati hanno poco da fare. E’ successo con l’olio di palma. Oggi nelle pubblicità di biscotti e merendine il ritornello si chiude con: ‘senza olio di palma’. La rete ha informato i cittadini-consumatori sui pericoli che l’olio di palma può provocare alla salute e i cittadini-consumatori hanno ridotto drasticamente il consumo di prodotti a base di olio di palma. E la grande industria si è adeguata. La stessa cosa dovrà avvenire con le micotossine, il glifosato, i metalli pesanti. Quando in tv i ritornelli pubblicitari ci diranno che pasta, pane e altri prodotti non contengono micotossine, glisofato, metalli pesanti e altri veleni – con tanto di controlli e verifiche da parte di agricoltori e consumatori – vorrà dire che avremo vinto la nostra battaglia”.
Fonte: http://timesicilia.it/grano-duro-saverio-de-bonis-lue-non-tutela-la-salute-degli-italiani/